Dal decreto Rilancio al Mes: tutti i nodi di maggio del governo

Le prossime settimane saranno cruciali per il governo di Giuseppe Conte che, nel mese di maggio, con l’avvio della cosiddetta fase 2, si trova a dovere affrontare una serie di scogli importanti, dalle riaperture ai temi economici, sui cui i partiti di maggioranza hanno finora mostrato posizioni eterogenee. Ecco un elenco degli nodi principali che attendono l’esecutivo:

DL RILANCIO: l’ex decreto Aprile, poi ribattezzato decreto Rilancio perché slittato a maggio, prevede tutta una serie di misure per rilanciare l’economia interna, colpita dalla chiusure delle attività per l’emergenza coronavirus. Il decreto – del valore di 55 miliardi – dovrebbe finire sul tavolo del Consiglio dei ministri tra stasera e domani ma ancora ci sono dei nodi irrisolti, la maggior parte sollevati da Italia viva. Si tratta in primo luogo della regolarizzazione dei lavoratori migranti, fortemente voluta dal partito di Matteo Renzi e appoggiata da Leu e Pd, ma sulla quale il Movimento 5 stelle ha espresso perplessità. Una mediazione possibile, che sarebbe stata raggiunta, si potrebbe avere sui permessi di soggiorno temporanei per sei mesi. Altra criticità riguarda l’Irap, con Iv che chiede la cancellazione della tassa alle imprese per tutto il 2020. Uno spiraglio, che potrebbe portare a una intesa, è arrivato ieri sera dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che ha proposto di cancellare la rata di saldo e acconto a giugno.  “C’e’ una riflessione in atto sul pagamento della rata Irap di giugno”, ha confermato stamane il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani.

MES: il ricorso al fondo salva Stati divide in due la maggioranza (anche l’opposizione, per la verità). Pd e Iv sono favorevoli ad attivare una linea di credito col Mes, che dovrebbe essere operativa a partire da giugno, senza condizionalità tranne quella che i fondi siano usati per coprire spese sanitarie. Ma il Movimento 5 stelle si è dichiarato contrario, definendo lo strumento ancora “inadeguato” malgrado l’intesa in sede di Eurogruppo sulla sospensione delle condizionalità sancite nel trattato. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato che ogni decisione sull’attivazione della linea di credito sarà sottoposta al voto del Parlamento.

Nel caso M5s confermasse il ‘no’ nel voto alle Camere, la maggioranza non avrebbe i numeri per dare il via libera all’attivazione del Mes malgrado il soccorso di Forza Italia (fin dall’inizio favorevole). Si creerebbe una frattura significativa – con M5s che voterebbe con Lega e FdI, i partiti sovranisti che sul ‘no’ al Mes hanno fatto una battaglia di bandiera – che potrebbe provocare scossoni nella maggioranza e nel governo. In ogni modo, Misiani ha chiarito che non dovrebbero esserci legami diretti con il decreto Rilancio: il dl è “stato finanziato con lo scostamento di bilancio già chiesto e approvato dal Parlamento”.

MOZIONE SFIDUCIA BONAFEDE: i partiti del centrodestra hanno presentato in Senato una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ritenuto “inadeguato” per le gestione delle rivolte nelle carceri e del nodo della scarcerazione dei boss. La mozione è stata strutturata per intercettare il malcontento di Italia viva, assai critica, fin dall’inizio dell’anno, con il tema della prescrizione, sulle posizioni M5s in tema di giustizia. Il nodo sembra però in buona parte superato con l’intesa di maggioranza che ha portato ​all’approvazione, in Consiglio dei ministri, sabato sera, del decreto legge che fissa le nuove regole per le scarcerazioni dei mafiosi e stabilisce che comunque esse dovranno essere verificate ogni 15 giorni per capire se i presupposti che le hanno giustificate sono ancora validi. 

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Fonte: agi.it