“Per l’auto elettrica serve una diminuzione della burocrazia”, dice Calearo

Il governo, nell’ottica di dare un supporto al settore dell’automotive nel suo passaggio verso l’elettrico, dovrebbe semplificare e sburocratizzare gli interventi necessari per costruire l’infrastruttura a servizio di questi veicoli. A proporlo è Eugenio Calearo, che siede nel cda dell’azienda di famiglia, Calearo Antenne, ed è candidato alla presidenza dei Giovani di Confindustria (il padre, Massimo, ha guidato Federmeccanica, ndr).

Il ragionamento arriva dopo le parole del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, secondo cui un supporto all’industria dell’auto è “inderogabile”, mentre è “fondamentale che continui” l’incentivazione verso la trazione elettrica”. 

“Una delle auto più rubate in Italia nel 2019 è la Fiat Uno, che non viene più prodotta da 20 anni: questo ci fa capire l’età media del parco veicoli. Se vogliamo fare un salto in avanti su questo fronte dobbiamo seguire l’esempio dei Paesi che ci hanno investito massicciamente”, spiega all’AGI Calearo.

“Ci può sicuramente essere un incentivo dello Stato all’acquisto di queste vetture, ma serve soprattutto una diminuzione della burocrazia e una facilitazione per gli interventi di quelle aziende private che possono creare l’infrastruttura di ricarica su tutto il territorio nazionale. Serve una norma che incentivi alla creazione di questa rete”, aggiunge l’imprenditore, che ricorda anche l’importanza del settore, che vale, anche considerandolo solo in senso stretto, 400mila occupati.

“C’è qualche primo segno di ripresa, ma non ci sono nuove immatricolazioni, non sta ripartendo il comparto – continua Calearo – E non si parla solo di chi produce le automobili, ma anche di siderurgia, vetro, metalmeccanica, concia, gomma, software: è un’industria molto diramata”. 

L’imprenditore ha affrontato il tema delle polemiche che hanno seguito la richiesta di un prestito da 6,3 miliardi con garanzia pubblica da parte di Fca Italy, a cui il cda di Intesa Sanpaolo ha dato il via libera. “Se questi sono gli strumenti che il governo ha messo in campo, usiamoli. Non aiutano solo i 55mila lavoratori di Fca, ma tutte le 400mila persone che lavorano nell’indotto e rappresentano un sostegno all’economia reale nella fase di ripartenza”.

Calearo, che guida i Giovani di Confindustria Veneto, si è soffermato anche sul suo impegno all’interno dell’associazione e sulla sua scelta di candidarsi alla guida nazionale. “Quello che mi motiva è il ruolo che vedo per i giovani imprenditori nello sviluppo del nostro Paese. Troppo spesso mi rendo conto che i politici non ragionano in termini di sviluppo a lungo termine del Paese: non abbiamo degli statisti quindi il ruolo degli statisti deve essere interpretato da qualcun altro, dai giovani imprenditori della mia età e anche più giovani di me, perché fra 15-20 anni saremmo ancora qui a tirare la carretta”.

“Chiamano i Giovani di Confindustria la futura classe dirigente: io temo che in quel futura ci sia qualche volta una scusa per posticipare una presa di responsabilità che in realtà è tutta nostra. Non lamentiamoci poi se non portiamo ora al tavolo argomenti di discussione che troppo spesso vengono lasciati fuori dal dibattito”, aggiunge Calearo.

Il primo di questi argomenti, precisa, è quello “della formazione e delle competenze, cruciale per lo sviluppo del Paese”. E aggiunge: “Attorno alla fine dell’anno c’erano in provincia di Vicenza 110 posti di lavoro disponibili per 100 disoccupati. È un caso limite, ma sono disponibili tante posizioni che non trovano un candidato adatto a ricoprirle: a volte perché sono lavori che non si vuole svolgere perché considerati di basso prestigio, ma tante volte perché mancano le competenze necessarie, che le scuole non hanno dato. Serve un cambio di paradigma, con le imprese che si mettono a disposizione del sistema scolastico per far capire le loro necessità; uno strumento fondamentale sono gli Its (Istituti tecnici superiori, ndr): vanno potenziati e fatti conoscere, va dato loro nuovo lustro. La formazione tecnica non deve essere vista come qualcosa di seconda categoria”, conclude. 

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Fonte: agi.it