Adito da due aziende artigiane del settore grafica e del settore concia che si erano viste negare la richiesta di cassa integrazione in deroga dall’INPS dopo che la Regione Lazio aveva emesso il decreto autorizzatorio a loro favore, il Tribunale di Viterbo ha accolto il ricorso e condannato l’Istituto a erogare le prestazioni a favore dei lavoratori dipendenti.
Il giudice ha ritenuto che stante la situazione emergenziale che sta alla base della normativa sulla cassa in deroga prevista dal DL Cura Italia (art. 22, c. 4, DL 18/2020) e senza trascurare il periculum in mora per i dipendenti, comunque connesso alla chiusura delle attività disposto dai DPCM, le aziende artigiane avevano diritto ad accedere all’ammortizzatore sociale previsto dalla Regione in uno specifico Accordo Quadro.
La stessa Regione Lazio, nelle FAQ sulla Cassa in deroga aveva anticipato che l’orientamento dell’Amministrazione regionale avrebbe potuto essere di tipo “inclusivo” davanti alla dichiarazione aziendale di non fruire di altri trammenenti di sostegno al reddito ai sensi del DPL 445/2000. Ma che – segnalava la Regione nelle FAQ – “qualora si presenti impropriamente la domanda di cigd in luogo del Fondo Bilaterale Artigianato, le stesse potrebbero essere bocciate dall’Inps”.
In effetti è ciò che è accaduto nel caso scrutinato dal Tribunale di Viterbo. Il quale tuttavia non ha esaminato la questione della obbligatorietà o meno del versamento al Fondo Artigiani – se non nei circoscritti termini della circolare INPS n. 47/2020 – soffermandosi solo sul diniego dell’Istituto di Previdenza che ha fatto da seguito ad un decreto autorizzativo della Regione.
D’altronde la norma del DL Cura Italia (art. 22, c. 4., già citato) è chiara in due passaggi fondamentali ”i trattamenti di cui al presente articolo sono concessi con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, da trasmettere all’INPS” e ”le domande sono presentate alle regioni”.
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