Lavoratori stranieri, se la Legge Bellanova non dà grandi risultati è colpa dei decreti Sicurezza

di Luigi Manfra *

Gli sbarchi dei migranti in Italia, nei primi sei mesi del 2020, sono stati poco più di seimila. Il numero è più alto di quello dello stesso periodo dell’anno precedente, ma è irrilevante se confrontato con gli oltre 600mila irregolari presenti in Italia. La legge Bellanova, recentemente approvata con l’obiettivo di regolarizzare i lavoratori irregolari, in questa prima fase ha raggiunto risultati modesti che certamente non risolvono il problema.

Al 15 giugno, a due settimane dall’apertura della procedura, le domande pervenute erano complessivamente circa 32mila, di cui 23.950 già perfezionate. Il lavoro domestico e di assistenza alla persona rappresenta il 91% delle domande, segno di come siano state soprattutto colf e badanti ad aver usufruito della sanatoria.

Poiché questa legge è rivolta esclusivamente ai lavoratori irregolari del settore domestico ed agricolo, cioè, nella migliore delle ipotesi, ad una platea di circa 220mila persone lasciando fuori due terzi del totale, appare opportuna una revisione radicale dei decreti Sicurezza, emanati dal precedente governo gialloverde e fortemente voluti da Salvini.

Per ridurre l’esercito degli invisibili questi decreti andrebbero aboliti, soprattutto attraverso il ripristino di due aspetti che essi hanno cancellato. Vale a dire il pieno ripristino dell’accoglienza per motivi umanitari e la possibilità per i richiedenti asilo di essere ospitati nei centri Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

L’abolizione del livello di protezione umanitario riservato ai richiedenti asilo ha fatto crescere il numero degli stranieri senza permesso di soggiorno presenti sul territorio nazionale, stante la perdurante incapacità di aumentare i rimpatri verso i paesi di origine, fermi da qualche anno a poco più di 600 al mese.

Il decreto legge dello scorso anno, sulla base dei dati dell’Ispi, provocherà infatti circa 70mila illegali in più a fine 2020. Il numero di stranieri irregolari presenti in Italia dopo aver toccato un minimo, inferiore alle 300mila unità nel 2013, a gennaio 2020 ha raggiunto le 600mila unità. Appare, dunque, assolutamente necessario ripristinare l’accoglienza per motivi umanitari, per evitare che questo numero cresca ulteriormente.

Il decreto Sicurezza, inoltre, ha anche proibito ai richiedenti asilo di far parte dei programmi Sprar, le strutture della rete degli enti locali rivolte alla realizzazione di progetti di accoglienza integrata e diffusa sui territori – a cui, non a caso, è stato cambiato il nome: il Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) è riservato, per l’appunto, soltanto ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati. La proibizione ha comportato anche l’espulsione da questi programmi dei migranti già inseriti, che sono stati costretti all’illegalità.

Con i decreti in vigore, il migrante che avrà inoltrato richiesta di asilo sarà destinato a un Centro di prima accoglienza o a un Centro di accoglienza straordinaria, i famosi Cas che fanno capo alle prefetture, strutture di grandi dimensioni che ospitano centinaia di persone, nel quale dovrà attendere l’esito della domanda e quello dell’eventuale ricorso in caso di diniego della Commissione preposta.

Il governo Conte ha in programma la revisione di questi decreti, ma le posizioni dei partiti della coalizione sono ancora molto distanti. Sul tema dei permessi umanitari, Pd, Leu e Iv vorrebbero far sì che il nostro Paese ritornasse sulle percentuali medie in Europa, circa il 40%, mentre i pentastellati vorrebbero delle limitazioni. Anche sul ripristino del sistema Sprar per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, le forze di maggioranza sono divise.

Come conseguenza dei decreti, i migranti ospitati nei centri di accoglienza dai 135.800 del 2018, si sono ridotti a 108.900, di cui 82.600 nei Cas e 26.200, meno di un quarto, nei Siproimi ex Sprar. Le leggi volute da Matteo Salvini hanno molti altri aspetti restrittivi della libertà e della democrazia, che non sono stati presi in esame in questo post e che dovrebbero spingere le forze politiche della maggioranza ad abrogare i decreti in questione senza tentennamenti.

Purtroppo, il fondato o presunto timore di perdere voti, obiettivo principale di tutti i partiti, spiega eloquentemente la situazione di stallo in cui si trova l’attuale maggioranza, su questo come su altri provvedimenti all’esame del governo.

* Responsabile scientifico del Centro studi Unimed, già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma

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Fonte: ilfattoquotidiano.it