Paritarie, aiuti raddoppiati nel Decreto Rilancio: stanziati 300 milioni. M5s: “Prendiamo le distanze, scuola resti pubblica”

Per alcuni è l’ennesimo regalo alle private. Per altri un aiuto doveroso a un settore, uno dei tanti, messo in ginocchio dall’emergenza coronavirus. Arrivano altri 150 milioni di euro per le scuole paritarie, che si sommano ai 150 già stanziati nel Decreto Rilancio. Totale: 300 milioni, un aumento del 60% rispetto al budget annuale che divide il governo e fa discutere, come sempre quando si parla di soldi pubblici agli istituti non statali.

IL M5S PRENDE LE DISTANZE – Il raddoppio dello stanziamento è previsto da un emendamento approvato in commissione Bilancio, frutto di un “compromesso” fra i vari partiti. Non è difficile scoprire chi ne siano i promotori, a leggere i commenti entusiasti, dal Pd alla Lega, da Forza Italia a Italia Viva. Un sostegno trasversale. Ma quando si è arrivati al momento delle dichiarazioni di voto il Movimento 5 stelle ha voluto precisare che in maggioranza non erano tutti così d’accordo: “Eravamo disponibili ad incrementare le risorse per gli asili, ma non possiamo sottoscrivere un aumento indiscriminato per tutte le paritarie. Per noi la scuola è e deve rimanere pubblica”, spiega il deputato Gianluca Vacca. L’emendamento comunque è passato col parere favorevole del governo e dei relatori, anche perché i 150 milioni erano in quota alle opposizioni che hanno stabilito di concentrarli sulle paritarie.

I NUMERI: LE PARITARIE ACCOLGONO 800MILA STUDENTI – La questione è delicata. Dal 2000, in base alla famosa Legge Berlinguer, le paritarie sono a tutti gli effetti parte del sistema pubblico di istruzione. I suoi sostenitori sottolineano il ruolo sociale svolto da esse, che si traduce anche in un risparmio per lo Stato che altrimenti dovrebbe farsi carico di quella fetta di studenti, oltre 800mila in tutto il Paese. Il discorso vale a maggior ragione per il segmento 0-6 anni, asili e scuole dell’infanzia, su cui il pubblico non riesce a farsi carico del fabbisogno e oltre mezzo milione di bambini è affidato a nidi paritari. Ma si tratta pur sempre di strutture private, per la maggior parte istituti cattolici.

I DANNI DEL CORONAVIRUS: “UN ISTITUTO SU TRE A RISCHIO” – In questo quadro si è inserita l’emergenza coronavirus, in cui le paritarie hanno avuto gli stessi problemi didattici di quelle statali e in più anche quelli economici. Le associazioni di categoria hanno chiesto un sostegno del governo per far fronte alle perdite patite, anche se va detto che durante il lockdown gli istituti privati hanno continuato a esigere dalle famiglie il pagamento delle rette, specie alle superiori, dove l’insegnamento è andato avanti con la formula della didattica a distanza. Quante poi ne abbiano incassate effettivamente è difficile dirlo. Qualcuno aveva già pagato prima, qualcuno si sta mettendo in regola ora in vista del prossimo anno, in altri casi si prova a compensare con i centri estivi, qualche perdita l’hanno subita tutti: all’Aninsei, l’associazione di Confindustria, stimano un calo medio del fatturato annuo tra il 20% e il 30%. “Le spese invece hanno continuato a correre, perché solo gli asili hanno chiuso completamente, gli altri istituti dovevano comunque pagare gli insegnanti e sugli affitti non c’è stata nessuna agevolazione”, spiega il presidente Luigi Sepiacci. “Per questo serviva un intervento del governo”.

CON IL COVID È RECORD DI FONDI – L’intervento è arrivato, pure doppio: i 300 milioni, 150 nella prima versione del testo più altri 150 con l’ultimo emendamento, rappresentano un aumento di circa il 60% del budget stanziato dallo Stato per le paritarie, che nel 2019/2020 hanno già beneficiato di 520 milioni di euro. Con gli aiuti per il Covid, viene stabilito un nuovo record. Tra il M5s, che proponeva di sostenere soltanto gli asili (dove le oltre 9mila scuole paritarie dell’infanzia rappresentano davvero una parte fondamentale del sistema, sono circa il 40% del totale), e le associazioni che rivendicano il ruolo sociale di tutte le paritarie, la questione resta aperta. “Noi avremmo preferito che il sostegno fosse indirizzato direttamente alle famiglie, come aiuto per pagare le rette, e non alle scuole. Sarebbe stato più trasparente e forse ci saremmo risparmiati anche qualche polemica”, conclude Sepiacci di Aninsei. “A chi critica questi aiuti, però, rivolgo una domanda: se queste scuole chiuderanno, dove andranno a settembre i nostri bambini?”.

Twitter: @lVendemiale

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Fonte: ilfattoquotidiano.it