Salvataggio Ferrarini, scontro tra le banche e la famiglia proprietaria del gruppo alimentare

Il salvataggio è servito, anzi no. E’ scontro tra le banche e la famiglia Ferrarini, a capo dell’omonimo storico gruppo alimentare di Reggio Emilia. Intesa Sanpaolo e Unicredit sono pronte a sborsare 35 milioni di euro un piano per mettere in sicurezza l’azienda (e soprattutto non veder sparire nel nulla gli oltre 50 milioni di debiti che Ferrarini ha nei loro confronti ). La proposta è stata presentata al Tribunale di Reggio Emilia. Il gruppo è infatti sotto concordato fallimentare dal 2018 quando, con la casse ormai vuote, scelse questa strada per mettersi al riparo dalle pretese dei numerosissimi creditori. In fila per riavere almeno una parte dei soldi prestati ci sono infatti anche Simest, società dell Cassa Depositi e Prestiti (16 milioni), Mediocredito Centrale (6,6 milioni), Banca Montepaschi, Banco Bpm, Popolre Emilia-Romagna (Bper), Credit agricole, Bnl oltre a moltissimi fornitori.

Secondo il piano Intesa-Unicredit, il gruppo Ferrarini, presente in oltre 30 paesi e 800 dipendenti, passerebbe sotto il controllo di Bonterre, holding che aderisce a Legacoop e gestisce Grandi Salumifici Italiani e Parmareggio, della cooperativa mantovana di allevatori di suini Opas e di HP (società attiva nel sostegno e nell’innovazione dell’agrifood). Le due prinipali banche italiane fornirebbero i fondi per realizzare l’operazione e avviare il risanamento della società. L’obiettivo ha spiegato Stefano Barrese, responsabile divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo è di “mettere in sicurezza un asset strategico dell’agroalimentare del paese e anche tutte le aziende che ne compongono la filiera produttiva possano trarne importanti benefici”.

La famiglie Ferrarini dice no – L’azienda però non cede alle lusinghe: “Abbiamo appreso dalla stampa della proposta concorrente di cui non conosciamo il contenuto, nei prossimi giorni e nei tempi stabiliti dal tribunale depositeremo la nuova proposta di concordato che possiamo anticipare sarà decisamente più conveniente per i creditori e più garantita” ha dichiarato un portavoce dell’azienda che ha tempo fino a settembre per presentare un nuovo piano. In corsa c’è infatti anche il gruppo Pini, la bresaola valtellinese, che avrebbe confermato i suoi impegni sia in termini di forniture sia per quanto riguarda il proprio ingresso nella compagine sociale (facendosi carico dei debiti e con un investimento di 100 milioni di euro). In questo caso probabilmente la famiglia Ferrarini conserverebbe un peso maggiore nella gestione del gruppo risanato.

I guai finanziari della società e i debiti con Veneto banca – Il gruppo emiliano, è guidato dall’ex vice presidente di Confindustria Lisa Ferrarini attraverso la holding lussembrughese Elle Effe. I guai finanziari derivano anche dalle disavventure con Veneto Banca, passata nel 2017 sotto il controllo di Intesa Sanpaolo, di cui il gruppo emiliano era socio ma anche debitore per alcune centina di milioni di euro. Nel complesso dell’indebitamento del gruppo supera i 300 milioni di euro. Ci sono i soldi dovuti alle banche, quelli ai possessori di alcuni bond e quelli che spetterebbero a oltre 1.500 fornitori. Non solo, sotto il controllo dei Ferrarini c’è anche il marchio Vismara, comprato nel 2000 dalla Nestlé, che a sua volta è indebitato per oltre 100 milioni. Numeri insostenibili per un gruppo che chiudeva i bilanci con un margine operativo (differenza tra spese e costi) di una ventina milioni l’anno. Risorse rapidamente risucchiate dai costi del servizio al debito.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it