Il Decreto agosto ha prorogato il blocco dei licenziamenti che scadeva il 17 agosto. La durata e quindi la scadenza del divieto non è uguale per tutte le aziende. Il meccanismo messo in piedi dall’ultimo maxi-decreto del Governo Conte infatti prevede che la durata del «blocco» sia legata alla semplice possibilità per l’azienda di poter accedere a soluzioni “conservative” differenti: utilizzare la cassa integrazione facendo proseguire la sospensione del rapporto di lavoro oppure beneficiare della decontribuzione facendo rientrare il lavoratore.
Le regole fissate dal Decreto agosto tuttavia sembra che lascino aperte ad alcune ipotesi di “rimozione” del divieto di licenziamento. Tra cui in particolare quella a cui si fa riferimento sul quotidiano La Verità in Edicola oggi:
“ciò che sta suscitando i principali dubbi è se le aziende che non hanno usufruito della cassa Covid a maggio e giugno (o addirittura non ne hanno mai usufruito) e non intendano chiederla, debbano necessariamente attendere il 31 dicembre (termine ultimo per l’utilizzo della cassa) per poter procedere con i licenziamenti”. Il Decreto infatti “prevede, da un lato, che l’utilizzo delle 18 settimane di cassa sia una mera facoltà per le imprese e, dall’altro, richiede che queste abbiano «integralmente fruito» del periodo di cassa per poter licenziare”.
Dunque secondo quesa tesi – già affrontata su Il Sole 24 Ore di alcuni giorni fa – le aziende che non hanno utilizzato la cassa tra maggio e giugno, non completando il primo ciclo di 18 settimane, ai sensi di legge non hanno “integralmente” fruito della Cig, di conseguenza sarebbero escluse dal «blocco» e libere di recedere applicando la normativa ordinaria in materia di licenziamenti.
Considerata la delicatezza del problema, sia per la sfera di interessi delle aziende che dei lavoratori, sarebbe auspicabile un chiarimento del Ministero del Lavoro.