L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – col ministero dell’Istruzione, della Salute e l’Inail – ha stilato un preciso rapporto contenente le “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”.
Il documento da una definizione di lavoratori fragili, annoverando in questa categoria – e prescindendo dunque dall’età anagrafica – coloro che sono affetti da “malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche)”, da “patologie a carico del sistema immunitario” o da “quelle oncologiche che, in caso di comorbilità con l’infezione da SARS-CoV-2, possono influenzare negativamente la severità e l’esito della patologia”.
L’Istituto Superiore di Sanità ha perciò stabilito che i dirigenti scolastici dovranno concedere le visite della “sorveglianza sanitaria eccezionale” solo in questi gravi casi, comprovati dai relativi certificati medici, e non in ragione dell’età.
Perchè questa restrizione della categoria dei lavoratori fragili che esclude dunque i lavoratori più in avanti con l’età?
Secondo TGCOM24 la risposta sta nella “diffusa presenza dei docenti over 55 negli istituti italiani” che secondo le stime dell’Ocse “si aggira attorno al 40% del corpo insegnante; stiamo parlando di circa 400.000 lavoratori“.
Dunque sarebbe questo il motivo: “per evitare un boom di assenze alla ripartenza della didattica «in presenza», l’ISS ha deciso di restringere la platea di quanti potranno beneficiare dello status di lavoratori “fragili”. Anche se ciò non esclude che molte cattedre possano ugualmente restare vuote. Specie se la nuova ondata di contagi dovesse prendere quota, il personale scolastico più anziano (e quindi più vulnerabile) potrebbe fare ricorso a un uso massiccio di certificati di malattia”.