La riduzione dell’orario di lavoro di operai e impiegati è possibile o è solo suggestione?
Nei giorni scorsi la Premier della Finlandia Sanna Marin ha annunciato di voler portare avanta una riforma con l’obiettivo di una riduzione dell’orario di lavoro da otto a sei ore al giorno. Dal 1993 Volkswagen in accordo con il sindacato tedesco IG Metall ha ridotto l’orario settimanale da 36 a 28,8 ore (del 20%). La Francia lo ha fatto da anni con una legge, portandolo a 35 ore settimanali.
Ma è realizzabile in Italia una riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario, anche per contenere gli effetti dell’epidemia nei luoghi di lavoro anche come modalità alternativa allo smart working nei settori dove il lavoro agile non è praticabile? Una risposta la troviamo nelle parole di un esperto studioso di questa materia il Prof. Alessandro Garnero che su Il Sole 24 Ore in Edicola oggi dichiara:
«Credo che da noi la discussione sia forse ancora più urgente. Si tratta di capire come mai lavoriamo così tanto (in termini di ore) e la produttività cresce così poco: una discussione che si allarghi e non si concentri solo sull’orario; una questione che riguarda il lavoratore e l’impresa, l’organizzazione del lavoro, la formazione, le tecnologie. Il dibattito dunque c’è, è giusto averlo, purché non si riduca dire: facciamo come i finlandesi o i tedeschi».
Insomma il dibattito è aperto anche in Italia ormai da mesi, ma il primo problema che deve essere affrontato – ce lo chiede da anni anche l’Unione Europea – è quello delle produttività che nelle nostre aziende è presente solo a macchio di leopardo, in particolare in quelle più strutturate. Dunque nonoste il dibattio all’orizzonte non si vedono venti di riforma che portino ad una riduzione dell’orario di lavoro settimanale.