Federico Aldrovandi, sai questo mondo non mi piace per nulla. Forse anche perché quindici anni fa ti hanno ammazzato

Caro Federico,

quanti anni sono passati. Se fossi tuo papà direi “quanti giorni”. Sai, anzi non lo puoi sapere, lui da quel 25 settembre 2005 conta i giorni in cui non gli è più concesso abbracciarti. E oggi si sarà svegliato pensando a questo 5479esimo giorno senza di te. Tuo fratello Stefano si è fatto grande. È alto alto. Oggi non ci starebbe più con le gambe in quel biciclino con cui ti cercava disperato la mattina di 15 anni fa.

Andrea ha due bambini. Il primo sai come l’ha chiamato? Federico. Burro se n’è andato subito da questo paese. Non ha voluto fare l’università. A cosa serviva studiare se neanche i laureati capiscono che non si può ammazzare un ragazzo di 18 anni senza ragione? Con Matilde si è lasciato, ma ti saranno sempre legati. Sai in che giorno si sono sposati? Il 17 luglio, il giorno del tuo compleanno. Si erano conosciuti proprio per merito tuo. A una manifestazione per chiedere verità e giustizia per la tua morte.

Già, forse non lo sai, ma non è stato così scontato che un giudice trovasse strano che quattro poliziotti ti riempissero di botte fino ad ucciderti. Ci sono voluti forza, coraggio, pazienza. Matilde poi, anni fa, ebbe un’idea fantastica. Ti devo fare una premessa, perché da dove sei adesso troverai un po’ buffo quello che sto per dirti.

Sai, dopo la condanna definitiva i quattro agenti sono rimasti in servizio. Anche se uno ha offeso tua madre e l’ha querelata. Strane cose vero? Beh, Matilde si è inventata un hashtag (una di quelle cose tecnologiche dei giovani di oggi, di ieri oramai). È fatto così: #vialadivisa. Su Facebook (uno strumento per vedere su internet quello che fanno gli altri) si sono viste persone di tutto il mondo, di tutte le età, con quella scritta. Chiedevano allo Stato italiano di destituire i poliziotti.

Ma lo Stato italiano ha detto che quello che hanno fatto non era disonorevole. Già. Deformarti l’aspetto, infliggerti 54 ferite, usare in modo abnorme la violenza sul tuo corpo in una sorta di delirio come schegge impazzite (sono parole che vengono dagli atti processuali) non corrisponde a disonore. Rassegnati, ma è così.

Poi c’è la mamma. Sapessi che cosa incredibile è stata tua mamma Patrizia. Nessuno le dava ascolto. Le volevano far credere che fossi morto per un malore, poi per un’overdose. Allora ha aperto un blog. E da lì è disceso tutto.

Adesso la mamma è in pensione. Almeno non sarà più costretta a vedersi sindacati di Polizia che difendono i colleghi sotto il municipio dove lavorava. Ha fatto in tempo però a vedere quel sindacalista che applaudì chi ti uccise finire eletto in consiglio comunale.

Non è l’unico che dal sindacato del Sap ha fatto il salto in politica. In questo paese disprezzare la vita paga. Ah scusa, non puoi sapere cos’è il Sap. La sigla sta per Sindacato autonomo di Polizia. Poco dopo la tua morte raccolse 170 firme tra i poliziotti della questura di Ferrara per dire che i loro colleghi erano innocenti. Immagino innocenti a prescindere. Il loro segretario nazionale, Gianni Tonelli, quello che disse che se non fosse stato per i suoi ragazzi tu saresti ancora in via Ippodromo a sbattere la testa contro un palo, è finito in parlamento.

Ma anche altrove agenti in divisa ammazzano gente per strada. Ora però i telefonini fanno i video e si possono distribuire in fretta nella rete. Certo, forse tra i residenti di via Ippodromo nessuno avrebbe avuto il coraggio di farlo vedere, poi, quel video. Magari ancora una volta solo Anne Marie, l’unica testimone oculare che trovò normale raccontare quanto aveva visto.

Scusa Federico, ce ne sarebbero tante altre di storie da raccontare, ma ben poche le troveresti allegre. Sai Federico, tu non sei qui a vedere come è diventato questo mondo che a me non piace per niente. E forse questo mondo a molti di noi non piace anche perché 15 anni fa ti hanno ammazzato. E mentre mi chiedo che uomo saresti potuto diventare, “scusami se sono qui a pensare a te, alle tue parole e ai tuoi sorrisi”. Che non ho mai conosciuto.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it