Assegno unico per i figli, Istat: “Richiede il 40% di risorse in più rispetto a quelle spese oggi. Beneficio netto di 97 euro al mese”

“L’introduzione dell’assegno unico richiederebbe un aumento della spesa di circa il 40% rispetto a quella attualmente destinata alle famiglie con figli a carico”. E’ la stima del presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in audizione alla Commissione Affari sociali della Camera sul ddl delega Family act che comprende il nuovo strumento di sostegno in partenza dal luglio 2021 al posto degli attuali aiuti. “Nell’ipotesi di esclusione dei figli dai 18 ai 21 anni questo incremento scenderebbe al 30%”, ha precisato. Le famiglie potenzialmente beneficiarie sono “attorno all’80% delle famiglie con figli” in tutte le fasce di reddito tranne la più alta, visto che l’assegno sarà legato all’Isee e i nuclei con figli minori si concentrano di più nei quintili di reddito più bassi.

La riforma determinerebbe “un incremento di reddito per la gran parte delle famiglie con figli (il 68%) potenzialmente beneficiarie dell’assegno unico. Per il 2,4% dei casi la situazione non cambierebbe, mentre per il restante 29,7% di famiglie il saldo tra l’introduzione della nuova misura e l’abolizione delle preesistenti risulterebbe negativo”. Ma, “considerando la clausola di salvaguardia” in base alla quale nessuno potrà ricevere meno di quanto gli spetta oggi e “la perdita dei benefici attualmente in vigore, l’effetto netto sul bilancio delle famiglie sarebbe di circa 1.162 euro, 97 euro al mese“. La riforma comporterebbe un aumento di reddito “per circa 2/3 delle famiglie beneficiarie”. L’importo medio per famiglia beneficiaria è pari a circa 2.991 euro l’anno, 250 euro circa al mese.

Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in audizione ha detto che il nuovo strumento ridurrebbe la povertà relativa in quanto “concentrerebbe i suoi effetti sui nuclei più bisognosi oggi spesso esclusi”. E ai quali spesso non arriva nemmeno il reddito di cittadinanza. Secondo i dati diffusi dall’Inps l’incidenza della povertà relativa passerebbero dal 15,3% al 14% e il numero dei poveri relativi diminuirebbero di oltre 700.000 unità passando da 9.243.058 a 8.489.330.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it