Circoli Arci e Acli, agenti di commercio, bus turistici, mense e atelier di abiti da sposa: tutti gli esclusi dagli aiuti del decreto Ristori

Gli agenti di commercio, molti circoli Arci e Acli, le mense, il comparto della distribuzione automatica danneggiato dallo smart working, quello dei bus turistici. Ma anche, e a dirlo è il sottosegretario Alessio Villarosa (M5s), “gli atelier di abiti da sposa, sposo e cerimonia, fotografi e videografi, il settore bomboniere, alcuni settori del commercio al dettaglio e degli ambulanti e varie forme di organizzazione di eventi, fiere e mostre”. Sono gli esclusi dagli aiuti previsti dal decreto Ristori, che mette in campo 2,4 miliardi per i parziali indennizzi a fondo perduto alle categorie più danneggiate dalle ultime restrizioni anti Covid. Rimangono fuori ancora una volta anche i professionisti iscritti agli ordini, come hanno fatto presente i presidenti dei consigli nazionali dei Consulenti del lavoro e dei Dottori commercialisti ed esperti contabili Marina Calderone e Massimo Miani. Ma protestano anche i tassisti, che nel provvedimento ci sono ma sono gli unici che riceveranno “solo” il 100% del ristoro previsto a giugno dal decreto Rilancio, a cui sono parametrati i nuovi interventi.

Il fatto è che la ratio del decreto è andare in soccorso dei settori direttamente impattati dall’ultimo dpcm, a partire da chi ha dovuto chiudere – palestre, piscine, cinema, teatri – e chi sta subendo un fortissimo calo di attività come bar e ristoranti ora chiusi dalle 18. Ma l’aumento del telelavoro, la didattica a distanza per gli ultimi anni delle superiori, lo stop alle feste e il fatto che dal tardo pomeriggio le città si svuotino ha ovviamente effetti negativi anche su tanti altri comparti. Vedi le mense scolastiche e aziendali che secondo Massimiliano Fabbro, presidente dell’associazione di categoria ANIR-Confindustria, stanno sperimentando “una flessione sino al 50% dei fatturati, mettendo a rischio migliaia di lavoratori”. Ma a veder calare gli incassi sono anche le aziende che gestiscono le “macchinette” del caffè e degli snack in uffici e aziende: la perdita di consumazioni stimata da Confida, Associazione Italiana Distribuzione Automatica, è superiore al 50% del fatturato. “Mettendo a rischio le 4mila imprese che in Italia danno lavoro a oltre 30mila persone con un indotto di altre 12mila”, lamentano.

Tra le “vittime collaterali” ci sono poi gli enti del terzo settore: “Una vasta platea di associazioni e circoli, tutti non profit, che danno un importante contributo non solo all’economia del Paese ma anche alla sua coesione sociale e che sono stati particolarmente colpiti dall’emergenza della pandemia”. ha ricordato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale Terzo Settore, pur prendendo atto che da governo e Parlamento sono arrivate rassicurazioni sul fatto che in fase di conversione del decreto si provvederà a inserirli tra gli indennizzati. Gianluca Mengozzi, presidente di Arci Toscana, e Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana, stimano che più della metà dei circoli Arci e Acli della regione non beneficerà delle misure previste nel decreto, che sono riservate a chi ha la partita Iva ed escludono quindi gli enti che non svolgono attività commerciali. Senza interventi, questo “porterà moltissimi circoli, costretti alla chiusura fino al 24 novembre dalle nuove misure anti Covid, a non essere nelle condizioni di riaprire quando sarà possibile farlo, per riprendere le loro attività già fortemente penalizzate dall’emergenza sanitaria”.

All’attacco anche Fnaarc, Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs, Ugl Terziario e Usarci, che rappresentano oltre 220mila agenti e rappresentanti di commercio.Una categoria di lavoratori “che, ogni anno, intermedia più del 70% del pil italiano” ma vedrà “notevolmente diminuire, se non azzerare completamente, le vendite con i clienti”. Già a giugno le loro rappresentanze avevano evidenziato le difficoltà riscontrate dalla categoria nell’accesso ai contributi a Fondo Perduto previsti dal Decreto Rilancio: tra i requisiti c’era infatti il raffronto delle fatture dei mesi di aprile 2020 e 2019, “producendo nei fatti un effetto distorsivo sulla dimostrazione della diminuzione dei fatturati nel primo semestre del 2020”.

Il sottosegretario Villarosa si è fatto portavoce della necessità di aggiungere all’elenco dei beneficiari i codici Ateco delle attività escluse e ma anche di “modificare il criterio per l’erogazione del contributo a fondo perduto sostituendo il fatturato del mese di aprile 2019 con la media annuale o semestrale 2019 per tutti i settori che – come l’organizzazione di eventi, lo spettacolo ed il wedding – hanno una concentrazione del proprio fatturato esclusivamente in pochi mesi dell’anno e che sicuramente non ricadono nel mese di aprile”. Mentre Stefano Lepri, deputato e responsabile Terzo settore della segreteria Pd, ha fatto sapere che si sta lavorando “per garantire ristori dignitosi anche alle attività dei centri culturali e ricreativi”.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it