Whirlpool, confermata la chiusura di Napoli. Conte agli operai: “Siamo al vostro fianco”. Governo pronto a braccio di ferro giudiziario

Lo stabilimento Whirlpool a Napoli chiuderà. Dopo il vertice decisivo avvenuto ieri tra il premier Giuseppe Conte e la multinazionale, il governo ha confermato ai sindacati e ai 340 operai – collegati in videoconferenza – che a partire da domani le porte della fabbrica non si apriranno, come annunciato dall’azienda a fine luglio. L’ad di Whirlpool corporation, Marc Bitzer, avrebbe spiegato all’esecutivo di non essere in grado di offrire una soluzione di continuità industriale per lo stabilimento di Napoli. Di fatto una resa. Conte ha ribadito a sindacati e lavoratori di aver messo a disposizione ogni tipo di sostegno economico per il produttore di elettrodomestici, come la decontribuzione, i contratti di sviluppo, i fondi industria 4.0, la garanzia Sace. Ma Whirpool sostiene di non poter creare alcuna prospettiva industriale per Napoli, rendendo di nuovo competitiva la produzione. Una decisione che però, riferiscono fonti presenti al vertice, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli non ha intenzione di accettare. L’idea dell’esecutivo è quella di ricorrere in ogni sede europea – anche giudiziaria – qualora ci fosse la necessità di far valere gli accordi presi nel 2018 con la società. “Terremo duro sulla vertenza“, assicura il premier ai lavoratori. “Siamo al vostro fianco”.

Nel frattempo, fa sapere Patuanelli, non ci sono “strumenti cogenti per impedire il disimpegno dell’azienda. Rimane il tavolo permanente di crisi al ministero dello Sviluppo economico”. Si profila quindi un braccio di ferro tra esecutivo e multinazionale per evitare che la fabbrica chiuda i battenti per sempre, come invece sembra indicare la lettera dall’azienda ricevuta dai dipendenti. “La Direzione di Whirlpool Emea S.p.A. comunica la cessazione di tutte le attività produttive presso lo stabilimento di Napoli, con effetto alle ore 00:01 del 1° novembre 2020″, si legge. “Da tale momento i dipendenti saranno esentati dal rendere la propria prestazione lavorativa presso il sito, fermo restando il mantenimento del rapporto di lavoro in essere – continua la lettera – con effetto dal 1° novembre, l’azienda pagherà la piena retribuzione ai dipendenti fino al 31 dicembre 2020 con riserva di ulteriori valutazioni successive a tale data”. “L’accesso ai locali aziendali – prosegue la lettera della Whirlpool – sarà consentito soltanto previa richiesta scritta autorizzata dalla direzione, per i soli fini del legittimo esercizio dei diritti sindacali derivanti dal Ccnl o altre comprovate esigenze personali, e nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza vigenti. Qualsiasi accesso non autorizzato sarà perseguito a termini di legge”.

Parole che hanno subito provocato la reazione dei sindacati: “La lettera inviata dall’azienda ai lavoratori non fa che gettare benzina sul fuoco in una situazione già esplosiva. È una provocazione inaccettabile“, ha dichiarato Palombella della Uilm. “Se non verrà fatto rispettare l’accordo del 2018, ogni altra intesa non avrà validità. Si rischia una situazione irreparabile e intollerabile per uno stato civile che non può mendicare il rispetto dell’accordo a una multinazionale, ma deve imporlo. Il governo in ogni caso deve farsi garante verso tutti i lavoratori di Napoli“. Il rischio, aggiunge, è che “la chiusura di Napoli potrebbe rappresentare l’inizio di una vera epidemia di licenziamenti“. Ancora più duro il segretario della Cgil Maurizio Landini, che chiede a Palazzo Chigi “di prendere una posizione precisa sulla continuità produttiva. Non possiamo limitarci a prendere atto della decisione dell’azienda. La continuità produttiva è l’obiettivo che dobbiamo porci. La chiusura di Napoli rappresenta un sopruso che non possiamo accettare”. Specie se si pensa che “Whirlpool ha reso noto l’andamento di mercato, e le vendite sono aumentate come anche il fatturato“, ha chiarito la segretaria Fiom-Cgil Francesca Re David, presente al tavolo con il governo. “L’azienda è fortemente in salute. La chiusura di Napoli è ingiustificata da ogni punto di vista”. Anche perché, aggiunge Furlan della Cisl, “gli accordi non sono carta straccia, le multinazionali non possono venire nel nostro paese, prendere risorse dallo stato italiano e poi senza alcuna motivazione decidere di mettere per strada centinaia di lavoratori e di famiglie“.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it