Contagio da covid19 sul lavoro, perché «infortunio» è meglio di «malattia»?

“Da marzo al 30 settembre si sono ammalati a causa del coronavirus 54 mila lavoratori, ben il 15% delle denunce di infortuni arrivate all’Inail dall’inizio dell’anno. E il 70 per cento dei colpiti è donna“, lo scrive il quotidiano on-line Collettiva.it

IN QUALI SETTORI SI DIFFONDE IL CONTAGIO, SOPRATTUTTO FEMMINILE?

Nelle professioni sanitarie, nelle professioni legate all’assistenza, nella grande distribuzione, continua il portale del “mondo” Cgil, sul quale si evidenzia come “il settore più colpito è proprio quello della sanità e dall’assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura, Rsa, con il 70% delle denunce e il 21 per cento dei decessi”.

COVID19 SUL LUOGO DI LAVORO, MALATTIA O INFORTUNIO?

Secondo quanto scrive Collettiva.it sarebbe dilagante “la tendenza a considerare il Covid come una semplice malattia e non un infortunio sul lavoro”.

Da fonti del patronato IncaCgil si mette in evidenza che deve essere ”aperto un infortunio, sempre e comunque in caso di contagio, a prescindere dalla mansione svolta”, poichè “un Covid-19 trattato come malattia comune potrebbe lasciare il lavoratore privo di tutte quelle tutele, non solo economiche, garantite dall’Inail“, a cominciare dal fatto che “trattandosi di un virus per lo più sconosciuto, non è dato sapere l’effetto che lo stesso potrebbe avere sull’organismo nel medio lungo termine”.

Fonte: Collettiva.it