Bonus 500 euro ai cassintegrati, La Stampa: il motivo “choc” del no a Conte

Da qualche ora circola la notizia della proposta del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, avallata dalla Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, di prevedere un Bonus di 500 euro per tutti i cassaintegrati che hanno “scontato” almeno 8 mesi di sospensione. Una sorta di “regalo di Natale”.

TuttoLavoro24.it ha già riportato la notizia al seguente link.

Come racconta il quotidiano La Stampa in edicola oggi la proposta sarebbe stata avanzata venerdì sera durante la discussione sul Decreto Ristori ter: ”l’idea del Premier, piombata d’improvviso nella trattativa, è stata accolta con freddezza”.

Ma perchè? I motivi e le reazioni degli altri esponenti del Governo ce li spiega ancora una volta il quotidiano torinese:

Dubbi vengono dai tre vice di Gualtieri – il Pd Antonio Misiani, la grillina Laura Castelli, Maria Cecilia Guerra di Leu – né piace al responsabile economico di Italia Viva Luigi Marattin. L’obiettivo è quello di dare certezze a chi – a causa delle solite burocrazie – è spesso costretto ad aspettare mesi per ottenere l’assegno. Il progetto di Conte è costoso (1,7 miliardi) e ad erogare il bonus dovrebbe essere proprio chi (l’Inps) è accusato dei ritardi. Marattin è il più contrario di tutti: che vado a raccontare ai ristoratori con l’acqua alla gola? Vogliono riformare la cassa integrazione e renderla più efficiente? Prontissimo. Non mi chiedano di alimentare le divisioni nel Paese”.

Dunque secondo i retroscena offerti da La Stampa il no a Conte ha due ragioni fondamentali: pesa troppo sul Bilancio statale e crea divisioni sociali.

Mentre la prima motivazione è obiettivamente comprensibile, alla luce del forte sforzo richiesto alle Casse pubbliche durante questa pandemia, dall’altra parte non si comprende come una simile misura possa essere accusata di creare divisioni tra lavoratori dipendenti e autonomi. Innanzitutto non andrebbe a beneficio di tutti i lavoratori in cassa integrazione, ma solo quelli che hanno fatto almeno 8 settimane (in buona sostanza tra marzo e aprile), e poi riguaderebbe lavoratori che in questi mesi hanno ricevuto – non sempre con puntualità – una indennità media inferiore a 800 euro, dunque non proprio la categoria “più privilegiata” d’Italia. Senza dimenticare che iniettare ulteriori risorse nelle tasche di una parte degli italiani significherebbe, nel periodo natalizio e dei saldi in particolare, liberare nuove risorse per agevolare i consumi: per cui le aziende duramente colpite dalla crisi sarebbero probabilmente le prime beneficiare indirette di questa misura.