Pmi in crisi, passare dai “ristori” ai “rimborsi”

420 miliardi di euro. A tanto ammonta il calo delle vendite per le imprese italiane durante i mesi della crisi epidemiologica secondo uno studio della Cgia di Mestre.

Le più colpite le imprese dello spettacolo, del turismo, chiuse per decreto, ma anche le attività commerciali ed artigianali ubicate nelle cosiddette città d’arte che, anche se non costretta alla chiusura, hanno subito un tracollo delle presenze turistiche straniere. E poi i trasporti, le autorimesse, ecc.

A fronte di questa situazione “i ristori erogati dall’Esecutivo – dichiara il Segretario della Cgia, Renato Mason – hanno coperto mediamente il 25 per cento circa del calo del fatturato. Le misure di sostegno al reddito approvate da Governo Conte, infatti, sono andate in larghissima parte alle attività che hanno registrato un crollo del giro di affari di almeno il 33 per cento rispetto al 2019. Resta il fatto che anche per queste realtà gli aiuti economici sono stati insufficienti”.

I SETTORI PIU’ IN CRISI

Al di là del settore turismo, composto principalmente da alberghi, ristoranti, bar, pasticcerie ecc. la Cgia elenca le filiere economiche maggiormente colpite dalla crisi:

– la filiera trasporto persone (taxi, ncc, bus operator);

– la filiera eventi (congressi, matrimoni, cerimonie, etc.);

– gli ambulanti, soprattutto con posteggi presso le aree interessate da eventi, stadi (i cosiddetti “fieristi”);

– la filiera sport, tempo libero, intrattenimento, discoteche, parchi divertimento e tematici (incluse le attività dello spettacolo viaggiante);

– la filiera attività culturali e spettacolo;

– il commercio al dettaglio, in particolar modo abbigliamento, calzature, libri e articoli di cartoleria;

– gli agenti di commercio.

Sì AI RIMBORSI, NO AI RISTORI

Dopo l’analisi economica la Cgia di Mestre passa alle proposte. Alle attività chiuse per decreto non sono più sufficienti dei semplici ristori, ma è necessario uno stanziamento che compensi quasi totalmente sia i mancati incassi sia le spese correnti che continuano a sostenere. Insomma, bisogna passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi.

E’ pur vero che si tratterebbe di una spesa che contribuirebbe a far aumentare il debito pubblico, ma è altrettanto evidente – dicono dalla Cgia – “che se non salviamo le imprese e i posti di lavoro, non gettiamo le basi per far ripartire la crescita economica, unica condizione in grado di ridurre nei prossimi anni la mole di debito pubblico che sta minando il futuro del nostro Paese”.

Fonte: Adnkronos