Il programma della vaccinazione anti-covid19, per ora solo simbolicamente avviato in attesa di proseguire più convintamente a partire dal prossimo gennaio, accende anche il dibattito sulla obbligatorietà dei vaccini per i lavoratori. Il tema interessa certamente il mondo politico che, stando alle dichiarazioni degli ultimi giorni, è trasversalmente tra chi è pro e chi è contro l’obbligo di legge (per approfondire clicca qui).
Almeno per ora non esiste alcun obbligo di vaccinazione. Tuttavia dalle parole del noto giuslavorista Pietro Ichino, ex parlamentare PD e “padre” del Jobs Act, raccolte in un’intervista al Corriere della Sera in edicola oggi, parrebbe non sia necessaria una specifica imposizione legale per renderlo obbligatorio in quanto, almeno nell’ambito del rapporto di lavoro, esistono già norme che supportano la posizione del datore di lavoro che volesse sottoporre a vaccino i suoi dipendenti.
«L’articolo 2087 del codice civile – dice Ichino – obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda, il loro benessere». Di conseguenza il datore «non solo può, ma deve farlo» quando ovviamente sarà disponibile.
Nessun diritto di rifiutarsi quindi? Anche su questo Ichino è chiaro «Chiunque potrà rifiutare la vaccinazione; ma se questo metterà a rischio la salute di altre persone, il rifiuto costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro» che può legittimamente sfociare anche in un licenziamento «perché la protezione del tuo interesse alla prosecuzione del rapporto cede di fronte alla protezione della salute altrui».