Guido Rossa, doppia commemorazione

Re David “Cornigliano è un simbolo da qui riparta la ripresa del lavoro”

Cornigliano è un simbolo, è la storia dell’acciaio, ma è anche il presente e il futuro di un siderurgia che è tornata a produrre e che, quindi, deve dare al lavoro risposte significative. Giusto allora riflettere di tutto questo partendo proprio da Genova, nel giorno in cui si tornerà a commemorare la straordinaria figura di Guido Rossa, spiega a Repubblica Francesca Re David, segretaria generale della Fiom-Cgil. Succederà venerdì, presente anche l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, in rappresentanza di quel “pubblico” che si appresta a rientrare nell’Ilva a fianco di ArcelorMittal e a rilevarne la maggioranza entro due anni. «È un segnale di attenzione importante la sua presenza e quando verrà il momento, ci confronteremo sui temi industriali, ma anche ambientali e occupazionali» dice la leader della Fiom, sottolineando il valore del gruppo nella sua integrità, da Taranto che produce acciaio, a Genova e Novi che lo lavorano.

Segretaria Re David, si appresta a tor narea tornare a Genova per la commemorazione di Guido Rossa. Che cosa rappresenta questa giornata di venerdì?

«È un appuntamento fondamentale per noi, come ogni anno. Non è solo il ricordo del passato, le radici, aspetti comunque fondamentali in una fase cosi precaria come quella che stiamo vivendo. Venire qui a ricordare Guido Rossa è una lezione valida anche per il presente, perché quello per cui lui si è battuto resta di grandissima attualità».

Chi era Guido Rossa?

«Era l’espressione più alta della classe operaia. Un militante comunista, un sindacalista, un operaio. Le grandi conquiste della fine degli anni Sessanta, che portarono poi allo Statuto dei Lavoratori, passano anche dalla sue battaglie e da quelle dei metalmeccanici, che furono e sono riferimento democratico per il Paese. Non dimentichiamo che quelli erano gli anni delle stragi, a cominciare da piazza Fontana, della strategia della tensione, del terrorismo e Rossa ha sempre anteposto a tutto questo la non violenza e la democrazia nella difesa delle lavoratrici e dei lavoratori, pagando alla fine con la sua stessa vita».

Che acciaio era quello di quel periodo?

«Era l’Italsider, non dimentichiamolo, era l’acciaio di Stato, con il pubblico che aveva un ruolo fondamentale nelle politiche industriali. Poi è arrivata la privatizzazione che ha messo il profitto davanti a ogni cosa, amplificando la noncuranza per l’ambiente».

Il pubblico è tornato già con l’amministrazione straordinaria fino a un nuovo capitolo privato…

«La storia dell’Ilva ha vissuto un turbinio terribile fino ad arrivare al giusto sequestro degli impianti, nel 2012, e all’avvio dell’amministrazione straordinaria. Poi l’arrivo di una multinazionale e ora un nuovo capitolo, on la speranzache sia arrivata a conclusione la precarietà produttiva».

Questo coinciderà con il ritorno dello Stato?

«L’Italia ha preso troppo sul serio la tesi che sia solo il mercato a determinare ogni cosa, facendo sì che lo Stato uscisse da tutti gli asset strategici. Non ha fatto così la Francia, non la Germania. Qui invece si è accelerato moltissimo sull’apertura ai privati, alle multinazionali che fanno il loro lavoro e non si muovono secondo logiche di politiche industriali».

Invitalia rileverà il 50% del capitale per salire poi al 60. È la scelta giusta?

«L’Ilva non si potrebbe risanare senza il pubblico. I migliori esempi industriali di questo Paese sono aziende partecipate. Leonardo, Fincantieri. Ansaldo Energia. Ma l’ingresso dello Stato al 50% in Ilva non deve solo essere una mossa industriale, ma anche ambientale e occupazionale».

Come interpreta la presenza dell’ad di Invitalia Domenico Arcuri venerdì a Cornigliano?

«Ho visto le dichiarazioni dei delegati di Genova e condivido le loro parole. Arcuri ha
accettato di venire anche se Invitalia non è ancora entrata nel gruppo visto che sta attendendo il pronunciamento dell’Antitrust. Considero la sua presenza un segnale di attenzione importante. Vogliamo conoscere il piano ambientale e industriale, avere conferma della clausola di salvaguardia di tutti i lavoratori. Gli impegni vanno rispettati».

A Cornigliano il sindacato per ribadire questa esigenza usa un detto latino “pacta servanda sunt”…

«Cornigliano è un simbolo, ma è anche una realtà pienamente calata nel presente e che deve essere protagonista del nuovo piano industriale. C’è una grande richiesta di produzione. in questa fase, e le lavorazioni di Genova e di Novi sono fondamentali per Taranto. L’industria ha ripreso a ordinare, il portafoglio del gruppo è pieno fino a fine aprile. C’è una bella ripresa e questo deve trovare risposte nel piano industriale. Sia chiaro che da questo punto di vista noi puntiamo al consolidamento».

Cioè?

«A Genova vige un accordo di programma che prima di ogni altra cosa va rispettato. I lavoratori nel 2005 hanno accettato il sacrificio della chiusura della produzione a caldo in cambio del mantenimento dei posti di lavoro. Ora bisogna tornare ai numeri fissati dall’accordo. Non si può pensare solo a ridurre con i pensionamenti, bisogna pensare a recuperare i posti perduti in questi anni».

 

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Fonte: fiom-cgil.it