Il governo studia uno scaglionamento delle cartelle esattoriali

AGI – Il Governo lavora a uno scaglionamento degli invii delle cartelle esattoriali e a una riduzione degli importi di alcuni atti dell’Agenzia delle Entrate, come ad esempio gli avvisi bonari, per coloro che hanno subito perdite a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Una corsa contro il tempo, complicata dalla crisi politica, che dovrebbe portare a mettere in campo un intervento a breve per evitare che da lunedì 1 febbraio ripartano milioni di cartelle ormai sospese da marzo e congelate fino alla fine di gennaio con la proroga ponte disposta per decreto nelle scorse settimane.

“Stiamo lavorando a uno scaglionamento degli invii delle cartelle dell’Agenzia della Riscossione e degli atti dell’Agenzia delle Entrate che li diluisca in un periodo di tempo più lungo per alleggerire la pressione sui contribuenti ed evitare l’affollamento degli uffici”, ha spiegato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, intervenendo all’edizione 2021 di Telefisco del Sole 24 Ore, annunciando che si pensa anche a una riduzione degli importi di alcuni atti delle Entrate per alcuni soggetti che abbiano subito un calo del fatturato per effetto della pandemia. “Stiamo finalizzando il lavoro, consapevoli della scadenza del primo febbraio”

Il titolare dell’Economia ha spiegato inoltre che per le imposte differite, è “possibile” nel quadro delle misure che si stanno mettendo a punto in vista del prossimo decreto Ristori, “una eliminazione o riduzione” e che ,”si tratterebbe di una riduzione del debito di imposta”.

Tutte le ipotesi al momento sono aperte e molto dipenderà anche dall’evoluzione della crisi di governo, ma si valuta una nuova proroga ponte, probabilmente fino a fine febbraio, per la sospensione di cartelle e accertamenti che potrebbe arrivare la prossima settimana con un decreto ad hoc o nell’eventuale dl Ristori. Ma si fa strada anche la possibilità di intervenire per via parlamentare con un emendamento al Milleproroghe o allo stesso decreto con cui il governo ha disposto il mini rinvio a fine gennaio e che dovrebbe essere accorpato allo stesso Milleproroghe.

Di fatto così l’esecutivo avrebbe il tempo necessario per mettere a punto una nuova rottamazione delle cartelle che potrebbe successivamente rientrare nel dl Ristori allo studio e che, data la situazione di incertezza di politica, è destinato a slittare ulteriormente. Quanto all’ipotesi di una nuova rottamazione, il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha spiegato: “Tecnicamente tutto è possibile ma le scelte non spettano all’Agenzia delle Entrate”.

Tuttavia, ha osservato, “sono strumenti che non incidono sulla riduzione del volume del magazzino perché lo hanno dimostrato anche le precedenti esperienze che hanno aggredito o avevano a oggetto un complessivo numero di crediti pari a circa 36-37 miliardi a fronte di un magazzino di 1.000”.

Ruffini ha sottolineato la necessità di aggredire il magazzino complessivo dei crediti affidati dagli enti creditori all’Agenzia delle Entrate-Riscossione ricordando che al 31 dicembre 2020 i credito non riscossi “dal 2000 al 2020” hanno ormai “raggiunto circa 1.000 miliardi, accumulati nel corso di 20 anni”.

Si tratta, ha osservato, di “un’anomalia” e di crediti non riscossi “riferiti in gran parte a soggetti che non sono in grado di sostenere la riscossione”.

“Per attaccare il magazzino – ha spiegato – servono nuove regole e la possibilità per l’ente di Riscossione di poter valutare concretamente l’esigibilità dei singoli crediti e laddove si consideri che un credito non sia più esigibile la possibilità di restituire immediatamente all’ente creditore: già solo questo impedirebbe la formazione nuova del magazzino. La stratificazione di 20 anni del magazzino attuale è un unicum delle moderne democrazie: non esiste un credito temporale così lungo. Normalmente – ha concluso Ruffini – l’ente riscossione tiene il credito 3-5 anni e poi viene cancellato ma è una valutazione che deve fare il Parlamento”.

Ruffini ha anche rilanciato l’ipotesi di tassare le partite Iva per cassa. “E semplicemente un’ipotesi per imprese minori e lavoratori autonomi, con il superamento contestuale dell’attuale sistema di acconti e saldo, nonché della ritenuta d’acconto per i professionisti”, ha osservato il numero uno delle Entrate sottolineando che “così si tasserebbe solo quello che resta in tasca”. 

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Fonte: agi.it