Vaccino e lavoratore, Garante Privacy precisa cosa può fare il datore e cosa no

Il 16 febbraio 2021 il Garante per la protezione dei dati personali, noto come Garante della Privacy, ha pubblicato sul sito www.gpdp.it alcune Faq riguardanti il trattamento dei dati dei dipendenti relativi alla vaccinazione anti COVID-19.

Attraverso le risposte, con lo scopo di raggiungere il difficile punto d’incontro tra tutela della salute e tutela della privacy, l’Autorità ha fatto luce su tre questioni in particolare che attengono alla sfera di azione del datore di lavoro:

  • chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione
  • conoscere attraverso il medico competente i nominativi dei lavoratori vaccinati
  • disporre la vaccinazione contro il COVID-19 come requisito per l’accesso ai luoghi di lavoro e lo svolgimento di specifiche mansioni.

VACCINO E LAVORATORI: COSA NON PUO’ FARE IL DATORE DI LAVORO?

Il Garante per la privacy ha stabilito che al datore di lavoro non è consentito chiedere direttamente conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione contro il coronavirus, né chiedere una copia di documenti che la attestino.

Come spiega l’Autorità, tale scelta è motivata dal fatto che si tratterebbe di una violazione delle disposizioni dell’emergenza e della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che non prevedono questa possibilità.

Inoltre, nelle Faq viene specificato che il datore di lavoro non è autorizzato al trattamento dei dati relativi alla vaccinazione neanche nel caso in cui il dipendente dia il suo consenso, proprio in virtù dell’evidente squilibrio nei rapporti di forza esistente nel rapporto lavorativo tra le due parti. 

VACCINO E LAVORATORI: MEDICO COMPETENTE PUO’ DIVULGARE I DATI?

Se il datore di lavoro non può ottenere le informazioni sul vaccino dai propri collaboratori può rivolgersi al medico competente? Anche a questa domanda si deve dare risposta negativa.

Partendo dalle stesse premesse, infatti, il Garante ha precisato che anche al medico competente è esclusa la possibilità di comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati, pur riservando al datore la facoltà di acquisire un giudizio di idoneità alla mansione specifica, perché consentito dalle leggi in vigore. 

VACCINO E LAVORATORI: E’ POSSIBILE DISPORRE MISURE RESTRITTIVE?

L’ultimo punto approfondito riguarda la liceità di porre la vaccinazione contro il coronavirus come requisito di idoneità per accedere ai luoghi di lavoro o per svolgere specifiche mansioni.

Su tale questione, il Garante della privacy ha innanzitutto invocato un intervento strutturato del legislatore nazionale, non escludendo dunque la possibilità di richiedere ai lavoratori la vaccinazione anti COVID-19 come requisito per accedere ai luoghi di lavoro o a determinate professioni e mansioni.

In alcuni ambiti lavorativi resta ferma però la facoltà per il datore di disporre determinate misure di sicurezza. E’ il caso di quelle attività che comportano una esposizione diretta ad agenti biologici durante il lavoro – come accade ad esempio nelle professioni sanitarie – per le quali devono essere applicate le “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi, dato l’alto rischio a cui corrono lavoratori e pazienti. 

VACCINO E MANSIONI: IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE

Se il raggio di azione del datore di lavoro è limitato, torna ad avere un ruolo fondamento la figura del medico competente. Infatti, a differenza del datore, il medico competente può richiedere al lavoratore la documentazione relativa all’avvenuta vaccinazione per valutarne l’idoneità alla mansione specifica, e sulla base di quanto da lui stabilito il datore di lavoro dovrà impegnarsi ad applicare le misure indicate. 

tatiana.morellini@tuttolavoro24.it