De Palma (Fiom): incentivi auto in base al reddito per svecchiare il parco circolante

Intervista al responsabile automotive della Fiom-Cgil: per la transizione ecologica bisogna investiresulla capacità dei lavoratori. Vendita Iveco: non ripetere gli errori fatti con Stellantis

Stretto tra la crisi economica causata dalla pandemia di Covid e la spinta green impostadall’Europa, il comparto dell’automotive sta vivendo una fase di profonda trasformazione cheinterroga non solo il mondo industriale ma anche quello del lavoro. La filiera italiana dell’autocoinvolge infatti circa 270 mila addetti, impiegati in oltre 5.500 imprese che contribuiscono al 6,2% delPil. Per capire l’orientamento dei sindacati di fronte alle sfide della mobilità sostenibile, abbiamoparlato con il responsabile del settore automotive della Fiom Michele De Palma, partendo da unavalutazione sul nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi.

Il nuovo governo è nato all’insegna del confronto con le parti sociali, coinvolgendo, per laprima volta, i sindacati nella fase delle consultazioni. Crede che il nuovo esecutivo sia partitocon il piede giusto? Cosa si aspetta dal nuovo governo sul fronte dell’automotive?

Il nuovo Presidente del Consiglio ha ascoltato i sindacati, ora è necessario il confronto perchél’industria in Italia rischia di ridursi a vantaggio di altri paesi competitori che hanno politiche volte adorientare gli investimenti privati con quelli pubblici. Noi invece abbiamo lasciato fare e abbiamo persoprogressivamente la nazionalità delle multinazionali, che non sono apolidi. Un esempio èl’automotive: abbiamo lasciato che venisse acquisita dal fondo KKR americano un’azienda centralenella componentistica come Marelli; la nascita di Stellantis vede la presenza del governo francese enon italiano nel capitale; il marchio storico Iveco potrebbe essere acquisito da una azienda cinese. Alnuovo Governo chiedo di aprire un confronto per il rilancio dell’industria, investendo sulla innovazionetecnologica e ambientale al fine di generare nuova occupazione. La produzione di mobilità è il centrodel cambiamento che l’Europa dovrà affrontare nell’industria.

Uno dei principali dossier sul tavolo del nuovo governo è l’approvazione del Piano diRipresa. Nell’ultima versione del Piano, il tema della mobilità viene declinato soprattutto conriferimento al trasporto pubblico e alla filiera dell’elettrico. Come valuta questa impostazione?

I metalmeccanici hanno impedito che la produzione di autobus fosse cancellata dal nostroPaese. I cancelli della Bredamenarini a Bologna erano quasi chiusi e quelli della ex Irisbus adAvellino chiusi. Sono stati riaperti perché in modo testardo ci siamo battuti per far nascere IndustriaItaliana Autobus, con una maggioranza di capitale pubblico, che è passata dalla cassa integrazionealle nuove assunzioni. È necessario investire sulle capacità dei lavoratori per realizzare la rivoluzioneecologica. Autobus a metano, elettrici e ad idrogeno sono il futuro che bisogna realizzare a partiredalle risorse del Recovery Fund. L’elettrificazione dell’automotive richiede ingenti investimenti apartire dalle tecnologie, per un ciclo virtuoso tra generazione di energia pulita, stoccaggio e utilizzoper la mobilità.

La nuova Strategia europea per la mobilità sostenibile punta a 30 milioni di auto a “zeroemissioni” entro il 2030. Crede che sia un traguardo raggiungibile? A che punto è il compartoitaliano?

L’industria dell’auto sta affrontando contemporaneamente più sfide: emissioni, crisi di settore eeffetti della pandemia sulla produzione e sul mercato. Nessuno è in grado di fare previsionirealistiche, si possono porre obiettivi ma cosa accadrà non è preventivabile. L’intero settore in Europasi è dovuto fermare per la mancanza di semiconduttori provenienti dall’Asia. Nel contesto europeol’Italia rischia più degli altri Paesi per la miopia dei governi che si sono succeduti. L’attuale governo hala possibilità, con le risorse pubbliche, di investire in un settore industriale che ha competenze, capacità istallata e conoscenze. In Italia i metalmeccanici sanno immaginare, progettare e realizzareauto. Se non le producono è perché gli viene impedito dalla mancanza di visione e investimenti.

Secondo uno studio commissionato da Volkswagen la transizione verso l’elettricopotrebbe costare al settore dell’automotive una perdita tra il 7% e il 20% della forza lavoro. Ilcalo occupazionale colpirà soprattutto la filiera della componentistica. Come vi stateattrezzando per gestire questa transizione?

Gli studi tedeschi non contano per l’Italia. Noi la ristrutturazione del settore l’abbiamo già subitain questi anni. Il paradosso è che se si decidesse di rilanciare il settore dovremmo fare assunzioni daiprogettisti agli operai: abbiamo un potenziale di due milioni di auto e non arriviamo a un milione daanni.

Da poco più di un mese è nato il nuovo gruppo Stellantis che, fondendo Fca e Psa, èdiventato il quarto produttore mondiale di auto. La nascita del nuovo gruppo rappresentaun’opportunità per la filiera dell’auto italiana?

Certo. Lo è nella misura in cui ci sarà un piano di investimenti nella progettazione che lanci nuovimodelli Maserati, Alfa, Jeep, Lancia e Fiat evoluti sul piano tecnologico e dei servizi. Bisogna pensarea propulsori ecologici e batterie, assistenza alla guida per la sicurezza, servizi legati alla mobilità perla condivisione oltre che per la proprietà dell’auto. La nascita di Stellantis costituirà un’opportunità se iplant italiani potranno produrre auto mass market. Infine è necessario redistribuire i volumi di Psa perrispondere ad un mercato non solo europeo. Con questi obiettivi si può sviluppare una potenzialitàoggi latente che abbatte i costi perché aumenta i volumi.

Sempre con riferimento a Stellantis, in molti hanno criticato l’assenza di protagonismo delprecedente governo italiano che, a differenza di quello francese, ha deciso di non partecipareall’azionariato aziendale. Il nuovo governo dovrebbe cambiare strategia?

L’ingresso nella proprietà non è all’ordine del giorno di questo Governo, lo era del precedente.Noi abbiamo proposto che il prestito dato dallo Stato di più di 6 miliardi potesse essere un passo perl’ingresso nel capitale, ma l’occasione è stata sprecata. Oggi abbiamo per Iveco la possibilità di uningresso nel capitale, vista l’ipotesi di vendita ad un gruppo cinese: il governo farà lo stesso errore deiprecedenti? Noi continuiamo a chiedere un ruolo dello Stato che non sia solo di dare ammortizzatorisociali.

La crisi economica provocata dalla pandemia da Covid ha dato un duro colpo al settoredell’auto, che ha resistito al crollo delle vendite grazie a misure di sostegno come l’Ecobonus.Ritiene che gli incentivi siano uno strumento utile per rilanciare il settore dell’auto? Bisognariconfermare gli incentivi alle auto euro 6?

Sarebbe necessario uno studio sugli effetti degli incentivi sulla domanda. Faccio notare chementre altri Paesi europei hanno investito risorse sulla domanda e sulla produzione, noi abbiamooptato solo sulla seconda, basandoci sull’adagio che decide il mercato. Tradotto, abbiamo datorisorse pubbliche, oltre che a FCA, a tutte le case produttrici di auto senza alcun ritornosull’occupazione. Noi abbiamo chiesto incentivi mirati: perché usare i soldi di tutti per ridurre i costiper chi può permettersi auto private con costi elevati? Bisogna uscire dalla politica dei bonus ugualiper tutti: si diano sulla base del reddito in quanto dobbiamo rottamare le auto ad alta emissione di chinon ha le risorse per poter cambiare l’auto. Inoltre abbiamo proposto di cambiare il parco autopubblico, individuando quelle ibride ed elettriche con un accordo con chi produce in Italia per attiraregli investimenti garantendo quote di mercato. Purtroppo la politica decide senza competenze ericerca.

Si parla sempre di più di idrogeno anche nel campo della mobilità. Crede che questanuova tecnologia possa giocare un ruolo importante nel comparto dell’auto?

Si, l’idrogeno può essere una parte del futuro. Questo è un tema Europeo: bisogna deciderecosa vuol fare l’Europa per evitare la competizione tra i Paesi. Non sono uno scienziato ma lamobilità è strettamente legata al ciclo della generazione di energia. Noi siamo per quella pulita maper produrla bisogna far evolvere il sistema industriale altrimenti saremo succubi delle tecnologie dialtri. La Fiom, quando anni addietro ha parlato di auto elettriche e di un piano per le ibride checonsentisse una transizione ecologica e sociale, non è stata presa sul serio: ora bisognaoccuparsene per la riduzione rapida della propulsione a Diesel che rischia di impattare su migliaia dilavoratori. La Fiom c’è nel governo del cambiamento, nell’interesse delle persone e dell’ambiente.Sarebbe ora che governo e imprese riconoscessero il ruolo centrale nel cambiamento del lavoro deimetalmeccanici.

 

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Fonte: fiom-cgil.it