Non rinnovare il contratto a termine a una lavoratrice in gravidanza può rappresentare un comportamento discriminatorio? Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5476 del 2021) a questa domanda si può dare risposta affermativa se si verificano una serie di condizioni che dimostrano che scelta sia dovuta ad una questione “di genere”. Ad esempio se un collega di sesso maschile viene confermato in servizio mentre la futura mamma no.
In altri termini dalla condotta del datore di lavoro deve palesarsi il fatto che alla lavoratrice sia stato riservato un trattamento meno favorevole rispetto agli altri esclusivamente in ragione del suo stato di gravidanza.
Più nel dettaglio, il lavoratore è chiamato a dimostrare il trattamento che assume essere meno favorevole rispetto a quello riservato ad altri soggetti che si trovano nelle sue medesime condizioni.
Fatto questo, ricade sul datore di lavoro l’onere di provare le circostanze inequivoche che escludono la natura discriminatoria della sua condotta. Dimostrando che la scelta sarebbe stata fatta comunque e a prescindere da chi fosse il lavoratore nella medesima posizione.
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