In data 10 marzo 2021 è stato firmato il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale nella sala verde di Palazzo Chigi, alla presenza del premier Mario Draghi, del ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta e dei sindacati (Cgil, Cisl, Uil).
Si tratta di un accordo programmatico – sarà poi possibile negoziare sui singoli temi – che introduce delle novità importanti riguardanti lo stato occupazionale dei lavoratori statali. Il segretario generale della Cigl, Maurizio Landini, e gli altri leader sindacali guardano con positività al nuovo dialogo con il governo e hanno ribadito l’importanza di questo patto, che punta ad investire sulla pubblica amministrazione nel tentativo di creare lavoro e di migliorare il funzionamento della macchina pubblica.
Stando a quanto riportato dall’Ansa, il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, avrebbe commentato così la firma del Patto sugli statali, mettendo in rilievo le novità principali che riguarderanno i lavoratori:
“Imprimiamo una spinta partecipata alla ripartenza del Paese nel segno di una nuova concertazione e di un nuovo dialogo sociale da sostenere e da estendere a tutti gli ambiti delle riforme” e sottolinea, inoltre, che si offrono “le condizioni per rilanciare l’occupazione, rinnovare i contratti e disciplinare per via contrattuale forme di lavoro agile“.
La firma del Patto, dunque, dovrebbe dare il via a una stagione di rilancio dell’occupazione grazie al rinnovo dei contratti dei vari comparti del pubblico impiego che andrà a beneficio dei lavoratori statali, a nuove assunzioni e allo sblocco dei concorsi. Tra gli obiettivi principali dell’accordo figura anche l’impegno nel potenziare formazione e digitalizzazione, ma la novità principale dovrebbe essere la regolamentazione contrattuale dello smart working nel settore pubblico – che verrà mantenuto anche al termine della pandemia – fino ad ora disciplinato dalla sola legge.
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