Fiom News. Decreto sostegni, Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41

Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19.

 

Art. 8. Nuove disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale

I datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale «Covid-19» (prevista dal decreto Cura Italia), per una durata massima di tredici settimane nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021.

Per i trattamenti concessi ai sensi del presente comma non è dovuto alcun contributo addizionale.

I datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga (previsto dal decreto Cura Italia), per una durata massima di ventotto settimane nel periodo tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.

Per i trattamenti concessi ai sensi del presente comma non è dovuto alcun contributo addizionale.

Le domande di accesso ai trattamenti devono essere presentate all’Inps, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.

In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Inps, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione (all’art. 22 decreto cura Italia) il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, o, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.

In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo.

Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Al fine di razionalizzare il sistema di pagamento delle integrazioni salariali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, i trattamenti di cui al presente articolo possono essere concessi sia con la modalità di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Inps compresa quella di cui all’articolo 22-quater del decreto 18/2020 sia con le modalità di cui all’art.7 del decreto 148/2015.

Fino al 30 giugno 2021, resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamenti collettivi cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

Fino alla stessa data resta precluso al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.

Dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 ai datori di lavoro che hanno a disposizione l’assegno ordinario o la cassa integrazione in deroga, resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamenti collettivi cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo periodo resta, altresì, preclusa indipendentemente dal numero dei dipendenti la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.

Le sospensioni non si applicano nelle ipotesi di:

• licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;

• nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2.112 del codice civile;

• nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.

A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di NaSpi.

Sono esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione.

Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

 

Art. 15. Misure a sostegno dei lavoratori in condizione di fragilità

Per lavoratori dipendenti, pubblici e privati, «fragili» (cioè lavoratori in condizioni di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita e per i lavoratori in condizioni di disabilità grave-legge 104/1992) che non possono prestare l’attività lavorativa in modalità smart working, il periodo di quarantena o sorveglianza attiva dal 16 ottobre 2020 al 30 giugno 2021 è equiparato a ricovero ospedaliero e quindi non è conteggiato per il periodo di comporto e neppure calcolato per l’indennità di accompagnamento.

Gli stessi lavoratori, dal 1° marzo al 30 giugno 2021, per lo svolgimento dell’attività lavorativa in smart working, possono essere adibiti a diversa mansione «ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento» come definite dai contratti collettivi vigenti, oppure anche nello «svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto». La condizione di fragilità va documentata dalle autorità sanitarie competenti.

 

Art. 16. Disposizioni in materia di Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego – NASpI

Per le nuove prestazioni di NaSpi concesse a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, non trova applicazione il requisito previsto dall’art. 3 c. 1 lettera c) decreto 22/2015.

(possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione).

 

Art. 17. Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine

In conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e fino al 31 dicembre 2021, ferma restando la durata massima complessiva di ventiquattro mesi, è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19 comma 1 decreto legge 81/2015, così definiti:

Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Le disposizioni hanno efficacia a far data dall’entrata in vigore del presente decreto e nella loro applicazione non si tiene conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti.

 

 

 

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Fonte: fiom-cgil.it