Centri commerciali, è ancora Cassa integrazione almeno fino a metà maggio

Nelle bozze che precedevano il via libera definitivo al Decreto Riaperture i centri commerciali era ‘collocati’ tra le attività economiche che sarebbero tornate al lavoro. E invece no, con un vero e proprio blitz (così lo ha definito Matteo Salvini) che ha animato il confronto ieri tra le forze di maggioranza, nuovo provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non contiene alcuna buona notizia per queste aziende e per i suoi lavoratori.

Nessuna riapertura quindi fino al punto che le associazioni del commercio, con in testa Federdistribuzione, che chiedono al governo di essere convocate per comprendere meglio i motivi della scelta inaspettata e cosa devono aspettarsi per il prossimo futuro.

Quale rischio Covid per i colossi dello shopping? E’ la domanda che pongono ancora una volta le aziende del settore direttamente all’Esecutivo a cui chiedono di far “chiarezza sui criteri utilizzati dal governo e dagli organismi di supporto come il Comitato tecnico-scientifico, per valutare una volta per tutte il grado di rischio connesso all’apertura delle strutture di grandi dimensioni in presenza di opportuni protocolli condivisi” (fonte: Tgcom24.it)

Intanto la scelta di non riaprire i circa 1.200 luoghi dello shopping, tra i quali rietrano anche le cittadelle outlet, nel fine settimana porterà i lavoratori a restare a casa e ad essere indennizzati dall’Inps con la cassa integrazione in deroga o assegno ordinario Fis (dipende dall’organico aziendale) per i giorni di sospensione del rapporto di lavoro. Per alcuni, coloro che sono assunti con contratti part time con prestazioni concentrate nel fine settimana, si tratterà di una situazione ben peggiore non avendo neanche l’opportunità di svolgere la prestazione piena negli altri giorni settimanali. Il tutto fino almeno a metà maggio, era questa l’ipotesi di apertura discussa tra le forza di Governo.

Federdistribuzione stima che queste chiusure coinvolgeranno circa 600mila lavoratori dei centri commerciali. 800mila sono infatti nel suo complesso ma circa 200mila continueranno a non essere coinvolti dalle chiusure nei weekend perchè lavoraro presso le attività cd. essenziali che il decreto non ‘colpisce’ (alimentari, farmacie, fiorai, negozi di animali, ecc.).

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