Nella prima bozza del Pnrr – Piano nazionale di ripresa e resilienza – era previsto il superamento di Quota 100 a partire dal 2022. Segnale chiaro del Governo Draghi nella direzione di non voler prorogare la misura pensionistica sperimentale, introdotta dal governo Lega-M5S per il triennio 2019-2021, che permette a chi abbia almeno 38 anni di contributi e minimo 62 anni di età di andare in pensione anticipata. Si è aperto dunque da giorni il dibattito sul sistema pensionistico e sulle eventuali misure da adottare per evitare un ritorno alla legge Fornero, considerata eccessivamente penalizzante per gli aspiranti pensionati.
Sul quotidiano Il Mattino in edicola oggi si parla di una ipotetica soluzione dal nome Quota 41, che al momento viene vista come la più ‘accreditata’:
“Di fatto questa scelta rappresenterebbe un’estensione dell’attuale sistema di pensione anticipata previsto dalla stessa legge Fornero: per l’uscita a prescindere dall’età sono rischiesti 41 anni e 10 mesi di contributi alle donne e 42 anni e 10 mesi agli uomini. Requisiti il cui adeguamento all’aspettativa di vita è sospeso per legge fino al 2026. Dunque il pensionamento con 41anni di versamenti avrebbe un’incidenza rilevante ma non incisiva“.
Quota 41 – stando a quanto scritto ne Il Mattino – può essere considerata una rivisitazione di quanto previsto dalla stessa legge Fornero per favorire il pensionamento anticipato: lavoratori e lavoratrici potrebbero godere di questo scivolo a prescindere dall’età anagrafica, una volta maturati 41 anni di contributi.
Il tema per i sindacati è tra quelli considerati urgenti, ecco perchè chiedono con insistenza un tavolo ministeriale sulle pensioni per discutere su come gestire il “post” Quota 100. Al di là dell’attivazione del tavolo da parte del Ministro del Lavoro Andrea Orlando, quel che tuttavia appare molto probabile è che tali decisioni saranno rimandate all’autunno, quando verrà ridiscussa la legge di Bilancio e la sperimentazione triennale della riforma starà per giungere al termine.
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