A prevederlo è proprio la legge. I lavoratori il cui rapporto di lavoro è sospeso con richiesta di intervento della cassa integrazione, anche in deroga, o assegno ordinario possono svolgere contemporaneamente altre attività lavorative, senza perdere particolari diritti correlati al rapporto di lavoro in essere (comma 2 dell’art. 8 del dlgs. n.148/2015).
Il tema è stato oggetto di approfondimento da parte della Fondazione studi consulenti del lavoro, specie in questa fase pandemica di uso massiccio agli ammortizzatori sociali, che ha ritenuto di dover individuare tre casistiche:
Nel caso in cui, durante la cig, sia proposta una nuova attività di lavoro dipendente, la cui collocazione temporale è disposta in altre ore della giornata o in periodi diversi dell’anno rispetto all’attività lavorativa sospesa, e quindi con essa compatibile, si riscontra, secondo i consulenti del lavoro, la piena cumulabilità del reddito derivante dalla nuova attività lavorativa e il trattamento di integrazione salariale. Ad esempio: sono in cassa integrazione come barman o cameriere di un locale serale e vengo assunto presso un negozio di abbigliamento con turno al mattino. Oppure se sono un part-time verticale al lunedì e martedì ma sono in cig, posso concludere un altro rapporto di lavoro che prevede prestazioni per il mercoledì e giovedì.
Lo stesso vale per il lavoro intermittente, a condizione che se la prestazione avviene in orari o giorni che non coincidono con le fasce di orario di lavoro previste dal contratto che ha dato origine alla cassa integrazione, non vi è incompatibilità e i relativi redditi percepiti sono cumulabili senza alcuna riduzione.
Secondo quanto scrivono i consulenti del lavoro, considerato che l’integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario si dedichi ad altre attività remunerate, il reddito derivante dalla nuova attività di lavoro non è solitamente cumulabile con l’integrazione salariale. In tali casi, dunque, il trattamento di integrazione salariale viene parzialmente sospeso in coincidenza delle giornate in cui è stata effettuata la nuova attività lavorativa.
Se, invece, il lavoratore dimostra che il compenso per tale attività sia inferiore all’integrazione stessa avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’integrazione salariale spettante e il reddito percepito.
Nel caso in cui il beneficiario della integrazione salariale stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, quest’ultimo risulta compatibile con il diritto all’integrazione salariale.
Se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa è inferiore all’integrazione, sarà possibile il cumulo parziale della stessa con il reddito, a concorrenza dell’importo totale della integrazione spettante.
Si tratta, questa, di un’ipotesi già espressa dall’Inps all’interno della circolare n. 107/2010, nella quale viene fatto espresso richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 195/1995, che sancisce la piena incompatibilità nei casi in cui il lavoratore beneficiario dell’integrazione salariale abbia iniziato un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato.
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