Reddito di cittadinanza pignorabile, non passa la modifica proposta dal M5S. Ma col ‘Sostegni bis’…

Si è di fatto chiusa ieri, con il voto di fiducia del Senato, la fase di conversione in legge del primo Decreto Sostegni. Manca solo il voto di fiducia della Camera, a stretto giro, e il testo sarà legge. Il Parlamento ha approvato diverse modifiche alla versione originario del Decreto Sostegni entrato in vigore il 23 marzo scorso (per approfondire clicca qui), ma sono destinate a far notizia anche le modifiche non approvate.

Su tutte l’emendamento del M5S – approvato in Commissione ma assente nel maxi-emendamento presentato dal Governo per la fiducia – che sanciva la non pignorabilità del Reddito di cittadinanza. Un modo, per il movimento ‘padre’ del Rdc, per rendere inattaccabile il sussidio davanti al rischio di insolvenza dei beneficiari.

La proposta ‘cinquestelle’ M5S intendeva dare soluzione alla criticità emersa da una sentenza del 2020 del Tribunale di Trani, che aveva sancito:

Deve ritenersi pignorabile, senza l’osservanza dei limiti di cui all’art. 545 del c.p.c., il reddito di cittadinanza, stante l’assenza nel testo del decreto istitutivo di qualunque riferimento alla natura alimentare di detto reddito ed il carattere predominante di misura di politica attiva dell’occupazione”.

A dare risalto allo sgambetto tutto interno alla maggioranza di Governo è Il Giornale nella versione on-line in cui si legge, che a seguito dello stop arrivato ieri al Senato il M5S intende comunque andare avanti:

“I pentastellati hanno già annunciato che presenteranno le stesse proposte al momento della conversione del decreto Sostegni-bis: atto allo studio di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia. Resta difficile che la maggioranza e il governo possano modificare la propria opinione sul tema della non pignorabilità dell’assegno erogato dall’INPS. La misura può infatti superare agilmente i 1.000 euro mensili in diversi casi. Renderla non attaccabile dai creditori creerebbe una situazione di disparità rispetto ai lavoratori che incassano spettanze molto basse. Il quinto degli stipendi e delle pensioni è infatti sempre aggredibile da chi vanta un credito. Condizione da assegnare anche al reddito di cittadinanza. Così come riconosciuto da una recentissima ordinanza del tribunale di Trani”.

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