I gorghi della giustizia penale e amministrativa si stanno ingoiando quel che resta del più grande impianto siderurgico d’Europa.
Una tempesta perfetta, una sequenza che restituisce una percezione del tempo degna della migliore filmografia: da “Il giorno della marmotta” al più recente “È già ieri”.
È come se un algoritmo, un’intelligenza artificiale, ci avesse catapultati in uno di quei videogiochi in cui all’inizio ti compare davanti un mostro alieno, lo abbatti, stai per rilassarti, ma ecco che ti compare davanti un altro terribile mostro, abbatti anche quello, ma non fai in tempo a gioire per la vittoria che ne arriva un terzo, ancora più terribile dei primi due.
E i “mostri” non hanno identità riconoscibili, così come rischiano di non averne più i protagonisti nella vita reale.
L’”inquinamento” e i “veleni” non si fermano alla bocca degli altoforni.
Corruzione diffusa, accuse incrociate, magistrati coinvolti, arresti “eccellenti”.
A Taranto non fonde solo l’acciaio: “anche lo Stato si è liquefatto negli altoforni” ha scritto Gad Lerner.
E così assistiamo allo spettacolo di ministri, ex ministri, sottosegretari ed istituzioni locali che agitano i problemi invece di contribuire a risolverli; al proliferare di dichiarazioni che nella loro irresponsabilità vanno ad alimentare il vasto repertorio della comicità involontaria e inconsapevole.
Com’è possibile che dopo il danno di “un’alternativa esistenziale inaccettabile” consumata tra salute e lavoro, tutto ciò che il Paese prospetta, non solo a Taranto ma a sé stesso, sia una beffa insopportabile?
Sì, una beffa insopportabile, una “diserzione” irresponsabile.
Oggi che dal punto di vista degli investimenti e delle convenienze di mercato (dal versante delle tecnologie è già tutto disponibile da tempo) è possibile rendere sostenibili quelle produzioni, si agita l’illusione della “liberazione dal mostro”.
Perché convenienza di mercato? Perché gli obiettivi di decarbonizzazione in Europa e, soprattutto, le dinamiche di prezzo dei certificati ETS (emettere una tonnellata di CO2 costa oggi tra 43 e 45 euro) spingono in tutta Europa la transizione dalla produzione a ciclo integrale a quella da forno elettrico alimentato a pre-ridotto.
Ma una transizione ha bisogno di tempo, non di illusioni. C’è una “questione siderurgica” che non può non essere parte di una strategia europea che guarda alle “next generation” e al dovere di indicare loro, non una scorciatoia, ma la faticosa strada di una riconciliazione tra diritti costituzionalmente tutelati come la salute e il lavoro.
C’è bisogno di una strumentazione di politiche attive del lavoro, di ammortizzatori sociali, a livello comunitario, paragonabile da quella che fu adottata dagli anni ’80 con il “Piano Davignon”.
Chi pensa alla “liberazione dal mostro” non sa, o fa finta di non sapere, di allevarsene in casa uno ancora peggiore: la deindustrializzazione e l’inquinamento permanente di quelle aree.
“Qui a Taranto nulla ha più senso…”: bisogna non arrendersi, bisogna dare a Taranto il senso di una transizione che non riguarda una terra desolata del Sud ma il “cuore” e le prospettive della moderna industria europea.
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Fonte: fiom-cgil.it