L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre – l’associazione di rappresentanza delle imprese artigiane e delle piccole imprese aderente a Confartigianato – in una ricerca effettuata sui dati del CNEL ha evidenziato che in Italia, su 935 Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) vigenti e depositati al 31 dicembre scorso, 351 sono stati firmati da associazioni datoriali e organizzazioni sindacali non riconosciute dallo stesso Consiglio Nazionale.
“Un’accozzaglia di organizzazioni improbabili – scrive la Cgia in un comunicato – che nella stragrande maggioranza dei casi non rappresentano quasi nessuno, ma consentono un’alternativa a quelle imprese e a quei lavoratori subordinati che vogliono fare dumping sociale, aggirando i contratti siglati dalle organizzazioni più rappresentative e diffuse su tutto il territorio nazionale”.
Dunque il problema della misurazione della reale rappresentatività delle organizzazioni datoriali e di quelle sindacali dei lavoratori torna più forte di prima, con il problema dell’emergere dei cd. Contratti pirata.
E poi c’è il problema dei contratti tra i ‘più presi di mira’, cioè quelli più imitati da organizzazioni spurie. “Tra tutti i settori la situazione più critica si riscontra nell’edilizia – continua la Cgia – . A fronte di 74 Ccnl depositati al CNEL, 37 (pari al 50 per cento del totale) sono stati sottoscritti da organizzazioni non aderenti alla struttura di viale Lubin. Ricordiamo, tra le altre cose, che l’attività nei cantieri è la più a rischio per numero di infortuni e decessi nei luoghi di lavoro. Altrettanto “anomala” è la situazione che si registra nel commercio/artigianato/turismo. Su 257 Ccnl vigenti, 121 (pari al 47,1 per cento del totale) sono stati firmati da sigle “fittizie”. Tra le imprese di pulizia e le multiservizi, dei 50 contratti vigenti 23 (pari al 46 per cento del totale) sono stati sottoscritti da sigle pressocché “sconosciute”.
Segue la tabella della Cgia che mette in risalto i risultati della ricerca:
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