Commercio a rischio allarme sociale, non si fermeranno sussidi e Cig

Per il commercio al dettaglio il presente è incerto e il futuro lo è ancor di più. Lo mette in luce un’inchiesta condotta dal Corriere della Sera, presente sulla versione in edicola oggi, sull’andamento dei settori produttivi nella fase attuale della pandemia.

L’inchiesta punta sui dati occupazionali e sull’utilizzo delle ore di cassa integrazione, nel rapporto tra la situazione attuale e i mesi in cui il Covid ‘mordeva’, per arrivare a fare delle valutazioni.

Ecco quanto scrive il CorSera a proposito dell’andamento e le prospettive del commercio a dettaglio, settore descritto come uno di quelli nei quali in Italia “rischia di partire un vero e proprio terromoto sociale”.

“E’ probabilmente oggi il comparto di massimo allarme sociale. – si legge – Si tratta di un mondo esteso, con oltre un milione di dipendenti diretti. E sono fortemente in pericolo. A febbraio scorso erano in casa integrazione 13 addetti ogni cento, ma ancora a maggio di quest’anno non si vedevano evidenti segni di ripresa: in media i lavoratori di negozi e centri commerciali hanno passato a casa pagati dall’Inps una ventina di ore. Per tutto questo comparto il governo dovrà procedere con i piedi di piombo, lasciando tempo e continuando a mettere a disposizione sussidi perchè le persone possano ricollocarsi”.

Dunque in media 20 ore settimanali in cassa integrazione a maggio, per i lavoratori del commercio, questo dicono i dati Inps probabilmente guidati anche dalle restrizioni impresse ai centri commerciali fino alla seconda metà del mese.

Ad ogni modo ciò che emerge, sottolinea il quotidiano diretto da Luciano Fontana, è che in questo settore appare ancora forte la richiesta di un prolungamento dei sussidi (Cig Covid, Bonus, Reddito di emergenza, ecc.) per coprire sia i lavoratori stabili che quelli a tempo determinato e stagionali, ciclicamente coinvolti nei settori del commercio, e favorire il loro ricollocamento nel mercato del lavoro.

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