Bonus Covid vanno tassati: ecco in quali casi. Svolta dell’Agenzia delle Entrate che impoverisce i lavoratori

Il Decreto Ristori del maggio 2020 aveva stabilito che le indennità Covid da chiunque erogate a favore di lavoratori autonomi ed esercenti di attività di imprese, arti e professioni sono esentassein considerazione della finalità dell’aiuto economico di contrastare gli effetti negativi conseguenti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19”.

Non è lo stesso per ciò che viene erogato a favore dei lavoratori dipendenti.

Lo mette in luce l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 492/2021 nella quale si legge che i contributi erogati da un ente bilateralenei confronti dei lavoratori dipendenti, quali somme sostitutive, ovvero integrative del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del Tuir (cfr. risoluzione 24 maggio 2002, n. 155/E) concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF, con obbligo di applicazione della ritenuta di cui all’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e di rilascio della Certificazione Unica”.

L’istanza all’Amministrazione tributaria è stata sollecitata proprio da un ente bilaterale il quale riteneva che i “bonus” economici erogati a seguito della pandemia da Covid-19, non costituissero “forme di integrazione al reddito o sostitutive dello stesso sia per i lavoratori dipendenti che per l’impresa”, e chiedeva quindi la conferma dell’esonero dagli obblighi fiscali.

Diversa – ed inaspettata – è stata invece la risposta dell’Agenzia delle entrate che ha ritenuto fiscalmente non esenti i “bonus” erogati dagli enti bilaterali – anche i fondi sanitari evidentemente – , vale a dire a quegli organismi costituiti dalle parti sociali – rappresentanti di aziende e i sindacati – che erogano prestazioni a favore sia delle aziende che dei lavoratori che sono iscritti.

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