Licenziamento via WhatsApp: il datore di lavoro lo può fare?

A seguito dello sblocco dei licenziamenti dal 1° luglio scorso per la maggior parte dei settori dell’industria, sono arrivate le prime notifiche di espulsione dei lavoratori. Uno degli aspetti più eclatanti è che alcune di queste notifiche di licenziamento sono state emesse tramite un messaggio inviato al lavoratore sul comune social WhatsApp. Un esempio ne sono proprio due fatti di cronaca che testimoniano come i dipendenti in questione si siano visti arrivare un messaggio su WhatsApp con scritto che da una certa data in poi sarebbero stati licenziati. Si tratta degli episodi avvenuti all’interno della Logistic Time di Bologna e allo stabilimento Gkn di Campi Bisenzio (Firenze).

A questo punto la domanda sorge spontanea: si può licenziare un lavoratore via WhatsApp? E’ legittimo?

Per rispondere a questa domanda prendiamo a riferimento quanto scrive il noto portale specializzato in diritto La legge per tutti.

Innanzitutto è importante precisare – come si legge anche sul sito – che in via generale “il licenziamento deve essere per forza scritto. Il licenziamento orale è inesistente, è cioè come se non fosse mai avvenuto. Con la conseguenza che il dipendente licenziato verbalmente deve essere reintegrato sul posto di lavoro”, nel caso in cui lo stesso faccia ricorso giudiziario si intende.

Essendo che il licenziamento è valido solo se in forma scritta, in molti casi viene utilizzata la raccomandata a.r proprio perché così il datore di lavoro ha la certezza, e in caso di ricorso può dimostrare, che il dipendente ha effettivamente ricevuto e compreso la missiva.

Fatte queste premesse dunque, secondo quanto evidenza anche il sito La legge per tutti, si può “ritenere valido il licenziamento via WhatsApp a patto, anche in questo caso, che alla forma scritta si accompagni la prova del ricevimento della lettura”. Prova che non può essere data dalle spunte blu, ma da qualcosa di più che potrebbe proprio essere la lettera con cui si contesta la scelta del datore dal momento che se un lavoratore impugna il licenziamento è perché ha ricevuto e compreso la notifica.

Da un punto di vista più giudiziario, degno di nota è il fatto che “questo orientamento è stato già sposato da alcuni giudici secondo cui la legge impone solo che il recesso dell’azienda dal contratto di lavoro sia comunicato per iscritto. Non rileva dunque il supporto cui il datore di lavoro affida la comunicazione per il dipendente”.

Sembrerebbe dunque che, per quanto poco etico e umano possa sembrare, licenziare un lavoratore su WhatsApp sia possibile.

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