L’inchiesta della Procura di Bari ha portato alla luce una serie di illeciti messi in atto da un imprenditore barese (D.I., 55 anni) ai danni dei suoi collaboratori stranieri, braccianti agricoli addetti alle raccolte nei campi.
Ne parla il portale d’informazione pugliese Radionorba.it:
“Gli illeciti sono stati commessi tra il 2016 e il 2019 e, stando alle accuse, avrebbe ingaggiato nove braccianti tra i 23 e i 44 anni, provenienti da Pakistam Gambia, Romania e Somalia. Li avrebbe impiegati nella raccolta di finocchi, cavoli e patate. La paga era di 25 euro se lavoravano dalle 8 – 15, 30 euro se proseguivano sino alle 19. I braccianti vivevano in accampamenti di fortuna, privi di bagni e acqua”.
L’escalation degli abusi si è avuta quando un bracciante pakistano ha denunciato di essere stato picchiato da un connazionale, amico del caporale, e gli sono state avanzate delle minacce: “Ti ammazzo di botte” o “Vado a casa tua in Pakistan e ti faccio vedere che fine fanno i tuoi figli”, gli è stato detto per spingero a non denunciare i fatti.
Invece il bracciante pakistano, aiutato dai colleghi, ha rivelato tutto alla procura e ora il Tribunale del riesame ha confermato la condanna: interdizione dall’attività per un anno e sequestro dei beni per un totale di 64mila euro.
Dall’inchiesta e dalle testimonianze è emersa una situazione che superava i confini dell’umanità e della civiltà, anche perchè i braccianti erano costretti ad abitare in una vecchia torra abbandonata. “La torre dove io abito – ha raccontato uno dei braccianti – è costituita da una sola stanza senza bagno e senza acqua. Per il bagno usufruisco dei terreni circostanti, mentre per l`acqua vado in bici e riempio bidoni da cinque litri dall’acqua pubblica”.
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