Pensioni, dopo Quota 100: spunta il “Piano Draghi” per andare in pensione a 62 anni

Con l’imminente fine della sperimentazione triennale di Quota 100, misura fortemente voluta dalla Lega durante il primo Governo Conte, che permette di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi, il Governo sta lavorando per elaborare un progetto che eviti un ritorno in toto alla legge Fornero già da gennaio 2022.

FINE QUOTA 100: IL FONDO NAZIONALE PER IL PREPENSIONAMENTO

Da fonti del Ministero dell’Economia filtra che il Governo Draghi starebbe vagliando la possibilità concreta di istituire un Fondo Nazionale per il Prepensionamento – messo a punto dall’ormai ex sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze Claudio Durigon – il quale consentirebbe di andare in pensione con gli stessi criteri di Quota 100 fino alla maturazione dei requisiti necessari per passare in carico all’Inps: la prestazione a carico dello Stato, dunque, dovrebbe essere di 4 anni e 10 mesi per gli uomini e 3 anni e 10 mesi per le donne.

Il Fondo Nazionale per il Prepensionamento, tuttavia, non sarebbe una misura stabile, ma una misura temporanea che dovrebbe rimanere in vigore dal 2022 al 2024.

Non è da escludere però che possano prevalere opzioni più severe come Quota 101 o 102.

FINE QUOTA 100: PROROGA APE SOCIALE IN VISTA

Il piano che il governo Draghi sta elaborando dovrebbe prevedere anche una proroga dell’Ape Sociale – indennità pagata dall’Inps ogni mese a cui si può accedere da 63 anni di età se si maturano da 30 a 36 anni di contributi a seconda delle categorie – fino al 2026. Si tratta di una misura studiata per assistere i disoccupati che hanno esaurito gli altri sussidi o gli invalidi o i soggetti con a carico parenti disabili, ma anche 15 categorie di lavoratori tra cui lavoratori dell’edilizia, infermieri, addetti alle pulizie. Il governo, inoltre, potrebbe decidere di ampliare la platea di beneficiari dell’Ape Sociale in base agli infortuni sul lavoro per le categorie e alla loro gravità (si era parlato di agricoli, edili, ecc.).

Allo studio c’è anche la possibilità di prorogare Opzione Donna, che consente alle lavoratrici di lasciare il lavoro con un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le dipendenti) e a 59 anni (per le autonome). Su Opzione Donna però pesa la ‘bocciatura’ di qualche giorno fa da parte dell’OCSE che ne ha chiesto il completo superamento.

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