Green pass lavoro, norme impraticabili: la novità è che il datore può opporsi ai controlli

I controlli sul Green pass nei luoghi di lavoro sono impraticabili. A scriverlo sul quotidiano La Verità in un luogo intervento è Pietro Dubolino, ex Presidente di sezione della Corte di Cassazione.

Secondo l’ex giudice le sanzioni, che sulla base del Decreto 127 possono essere inflitte solo dal Prefetto, necessitano di un verbale che può essere redatto solo dagli organi di controllo. Ma il datore di lavoro è libero di opporsi all’accesso di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio se questi non sono autorizzati dall’autorià giudiziaria:

”Nessun pubblico ufficiale, però (fatta eccezione per gli ispettori del lavoro, limitatamene alle materie di loro competenza), può accedere d’autorità in luoghi di lavoro e meno che mai in luoghi di privata dimora nei quali pure si effettuino prestazioni di lavoro, essendo a tal fine necessaria una specifica e motivata autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, come espressamente previsto (ma solo a condizione che si tratti di soggetti i quali abbiano anche la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria), dall’art. 13 della legge n. 689/1981, che detta le norme generali in materia di accertamento degli illeciti puniti con sanzione amministrativa. In mancanza di tale autorizzazione, quindi, è da ritenere che ogni datore di lavoro possa legittimamente opporsi all’ingresso nei luoghi in sua esclusiva disponibilità di soggetti incaricati di verificare l’avvenuto adempimento o meno degli obblighi in questione. E, d’altra parte, trattandosi di illeciti amministrativi, gli stessi non possono essere accertati se non dai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio a ciò abilitati in base a norma di legge, per cui è da escludere che le relative sanzioni possano essere inflitte sulla sola base di segnalazioni di privati, quale che sia il grado della loro attendibilità. Stando così le cose, appare evidente che l’effettiva osservanza di questi obblighi è da ritenersi affidata pressoché esclusivamente alla buona volontà di ciascun datore di lavoro, in funzione della maggiore o minore propensione di quest’ultimo a volersi, comunque, sentire ‘in regola’ indipendentemente dal grado di probabilità che l’inosservanza sia accertata e dia quindi luogo alla effettiva applicazione delle previste sanzioni”.

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