Licenziamenti: dal 1° novembre stop al ‘blocco’ per commercio, turismo e artigianato

Dal 1° novembre termina il blocco dei licenziamenti introdotto con la legislazione d’emergenza sin dal 17 marzo 2020. Termina per le imprese del commercio, turismo (bar, ristoranti, alberghi, ecc.), artigianato, ecc., – per l’industria lo stop è arrivato dal 1° luglio – che quindi a partire da questa data potranno licenziare applicando le regole ordinarie in materia di recesso dal rapporto di lavoro.

Ma solo a condizione che non continuino a far ricorso alla cassa integrazione Covid.

La novità è stata prevista dal Decreto Fisco-Lavoro entrato in vigore il 22 ottobre scorso: solo chi continua a far ricorso alla cassa integrazione Covid si auto-obbligherà a non licenziare. Le altre aziende invece potranno licenziare.

Nessuna proroga generalizzata del blocco dei licenziamenti, dunque.

Il motivo lo sottolinea l’edizione odierna de Il Fatto quotidiano sulle cui colonne si legge:

“Lo sblocco riguarda circa 13 milioni di lavoratori italiani, perlopiù concentrati nelle piccole aziende, che di solito sono anche le meno sindacalizzate. Ecco un altro tassello che ricompone quello che il presidente del Consiglio Mario Draghi chiama “ritorno alla normalità”. Cgil, Cisl e Uil, oltre ai partiti di centrosinistra, non hanno avuto in questi giorni la forza di ottenere un’ulteriore proroga del blocco, imposto la prima volta il 17 marzo 2020 dal governo Conte 2. L’Esecutivo non ci ha ripensato nonostante diversi dati lascino presagire un autunno complicato. Il primo riguarda l’uso ancora elevato degli ammortizzatori sociali: l’osservatorio Inps di settembre 2021 dice che proprio il settore tessile e abbigliamento è al primo posto per numero di ore di Cig ordinaria richieste, pari a 8,1 milioni, seguito dal comparto “pelli, cuoio e calzature” con 4,9 milioni. Quanto alla cassa in deroga, al primo posto c’è il commercio con 9,8 milioni di ore, poi gli alberghi e i ristoranti con 4,2 milioni. Il turismo, peraltro, guida anche la classifica dei fondi di solidarietà, con 15,1 milioni di ore richieste. Sono le attività che, a partire dalla primavera del 2020, sono state maggiormente colpite dal Covid, e anche quelle che stanno ripartendo con maggiore lentezza. Ora avranno un’altra via per gestire le perdite: licenziare”.

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