Il trevigiano Gianni Boato, classe 1976, è stato confermato segretario generale della Femca Cisl Belluno Treviso oggi a Monastier al termine del Congresso della Federazione Cisl dei lavoratori della moda, della chimica e dell’energia. Laureato in Scienze della società e del Servizio sociale, Boato ha iniziato il suo percorso sindacale nel 2001 con la Filca Cisl, per entrare in Femca nel 2006. Nel 2013 è stato eletto nella Segreteria della Federazione, e nel dicembre 2020 ne è diventato segretario generale. Confermati anche i due segretari Milena Cesca, di Calalzo di Cadore e Vincenzo Caldarella, residente a Volpago del Montello.Tanti i settori rappresentati dalla Femca.“Le province di Treviso e Belluno ci vedono impegnati su fronti molto diversi e variegati – spiega Boato -: c’è l’occhialeria, nel Bellunese, che produce l’80% degli occhiali realizzati in Italia, con Luxottica in espansione, Safilo in stallo e al contempo aziende che non trovano manodopera; la crisi Ideal Standard, che merita una soluzione e una garanzia di lavoro per tutti i dipendenti, più in generale il problema dello spopolamento della montagna ci pone la convinzione che Belluno debba trovare finalmente il suo sbocco in Europa (unire Belluno a Monaco grazie al PNRR)”.Nella Marca trevigiana è la moda uno dei settori più provati dalla pandemia, con perdite di fatturati che superano anche il 50% nel 2020, ma in miglioramento nell’anno in corso.In sofferenza anche il calzaturiero come il distretto dello Sport-system: “Sarà il 2022 – commenta Boato – a dare le risposte più importanti per il mantenimento del settore. Le aziende della gomma-plastica trainate dai settori del mobile e del metalmeccanico hanno ripreso le produzioni con il ricorso frequente al lavoro straordinario. In grande sofferenza chi produce il monouso, come la Dopla di Casale con quasi duecento lavoratori nell’incertezza”.Fra i temi al centro della riflessione congressuale, quello della conciliazione vita-lavoro e della denatalità, con gli interventi di Letizia Tanturri, docente di demografia, della consigliera di parità della Provincia di Treviso Stefania Barbieri, della psicologa Claudia Ceccarello e l’educatrice del centro antiviolenza di Quinto Nadia Paccagnan, per un focus sul fenomeno delle donne che danno le dimissioni entro l’anno di vita del bambino per poter rimanere a casa dal lavoro e avere i due anni di Naspi. “Sono troppe – spiega Boato – le lavoratrici madri che hanno rinunciato al proprio lavoro a tempo indeterminato e alla loro carriera perché non avrebbero potuto essere madri e lavoratrici contemporaneamente. Le mamme non dovrebbero mai lasciare il posto di lavoro e dovrebbero poter accedere naturalmente ad un orario ridotto nel caso lo richiedessero o a delle flessibilità, oltre al fatto che madri e padri devono avere gli stessi doveri verso i figli. È necessario un cambiamento culturale: se alla madre vengono dati 5 mesi di maternità obbligatoria (visto evidentemente dalle aziende come un limite) allora anche i padri obbligatoriamente devono rimanere fuori dal lavoro per 5 mesi occupandosi dei propri figli nei primi due anni, questo aiuterebbe anche a diminuire la discriminazione verso le donne al momento delle assunzioni”.
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Fonte: cisl.it