“Siamo la categoria che garantisce la mobilità in città e fra città, non ci siamo mai fermati, nemmeno durante la pandemia, pagadone il prezzo in termini di stress. Nonostante ciò, è dal 2017 che aspettiamo il rinnovo del contratto nazionale scaduto. Abbiamo chiuso il 2018-2019 con una tantum, che non ha effetti di carattere previdenziale né sui minimi contrattuali. È passato un altro anno e la situazione non è cambiata”.
Lo dice a LaPresse Salvatore Pellecchia, segretario generale di Fit Cisl, spiegando le motivazioni alla base dello sciopero nazionale dei trasporti pubblici e privati, proclamato unitariamente da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Autoferrotranvieri per oggi 14 gennaio.
“Le controparti datoriali – Asstra, Agens e Anav – sostengono che il calo della domanda e quindi della vendita di abbonamenti causato dal lockdown e dallo smartworking, insieme all’assenza di sussidi pubblici, rendano impossibile avere le risorse necessarie per il rinnovo del contratto”, spiega Pellecchia. Ma il discorso è un altro, ed è più ampio, per il segretario generale: “il tema è quello della riorganizzazione del settore”, afferma infatti. Un settore che è “unico nel suo genere, perché ha oltre 900 aziende in Italia che svolgono questo tipo di attività. E si deve andare verso l’integrazione di queste aziende. Investire e razionalizzare: solo così sarà possibile agire sulla qualità”, aggiunge.
“Il precedente ministro dei Trasporti – ricorda Pellecchia – aveva accolto la nostra richiesta, attivando una commissione specifica di analisi e studio, con l’obiettivo di trasformare il settore e renderlo sostenibile, sia dal punto di vista economico, sia da quello ambientale, aggiornando la flotta. Non abbiamo ancora avuto gli esiti del lavoro della commissione, ma nel frattempo non è successo niente. Gli incrementi economici, per dire, sono fermi al 2016.”, conclude il segretario.
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