I percettori del Reddito di cittadinanza che firmano il Patto per il lavoro, poi ricevono davvero le offerte di lavoro? E accettano di lavorare? Ma tra quelli che rifiutano quali sono le ragioni che spingono a rimanere ancora fuori dal mercato del lavoro? A queste e tante altre domande risponde la recente indagine INAPP sul Reddito di cittadinanza.
L’Istituto, che da qualche anno ha sostituito il vecchio ISFOL, ha messo in luce dei dati molto significativi, estratti non dalle banche dati dei centri per l’impiego ma da una vera e propria indagine condotta sul campo tra i percettori.
Ecco quanto si legge in proposito nel documento:
“Passando al tema molto dibattuto dell’inclusione lavorativa dei percettori, circa il 40% degli individui in cerca di lavoro o inattivi che sono stati contattati dai CPI ha sottoscritto il patto per il lavoro. La metà dei percettori che ha sottoscritto un Patto per il lavoro ha ricevuto una offerta di lavoro; il 21,8% l’ha accettata e il 28,2% non l’ha accettata. I motivi addotti al rifiuto sono prevalentemente legati alle opportunità proposte: il 53,6% indica
l’attività non in linea con le competenze possedute, il 24,5% attività non in linea con il proprio titolo di studio, l’11,9% lamenta una retribuzione troppo bassa. Solo il 7,9% indica la necessità di spostarsi come causa prevalente del rifiuto. Al di là dell’identificazione dell’offerta congrua, quanto mai difficile da definire, il rifiuto per circa il 78% dei rispondenti beneficiari di RdC dipende dalla modesta qualità delle opportunità ricevute”.
Dal report dunque viene fuori innanzitutto che la distanza abitazione-lavoro è solo marginalmente la ragione del rifiuto di accettare l’offerta di lavoro.
I più significativi motivi che spingono i percettori a rifiutare sono fondamentalmente tre:
Quest’ultimo dato smentisce quanti da tanti sostenuto, tra osservatori e politici, secondo cui le basse retribuzioni sarebbero la ragione principale del rifiuto di lasciare il sussidio e accettare una congrua offerta di lavoro.
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