Metalmeccanica, nel 2022 crescita nuove assunzioni e stop alla Cig: l’indagine

ROMA – Sono stati diffusi ieri i risultati della 161ª edizione dell’Indagine congiunturale sull’Industria Metalmeccanica, durante un evento organizzato da Federmeccanica, l’associazione degli industriali aderente a Confindustria che rappresenta le medio-grandi, che periodicamente divulga i dati sullo ‘stato di salute’ di uno degli assi strategici del sistema produttivo italiano.

Diversi i dati positivi come la crescita della produzione metalmeccanica nel 2021, con uno straordinario +15,9% rispetto all’anno precedente, nonostante la flessione registrata nell’ultimo trimestre dell’anno. Un risultato che ha consentito di “recuperare completamente – afferma la nota degli industriali – il crollo osservato nel corso della pandemia”.

Positivi anche i dati in raffronto con le produzioni estere: se in Italia la crescita in un anno è stata del 15,9%, in Germania, Francia e Spagna è stata rispettivamente del 4,7%, 6,9% e 7,5%. Contro una media UE del 9,6%. L’Italia si dimostra avere un importantissimo primato.

Quanto alla flessione del terzo trimestre ottobre-dicembre 2021, i volumi di produzione sono diminuiti dell’1,8% rispetto al periodo precedente, mentre su base tendenziale la variazione è passata dal +6,4% di luglio-settembre al + 1,2% del quarto trimestre. Le ragioni della flessione? L’indagine dice che sono dovute ai “risultati fortemente negativi del comparto Automotive che ha segnato un calo di oltre 13 punti percentuali, rispetto all’analogo trimestre 2020, e da un decremento più contenuto del comparto degli Altri mezzi di trasporto (-2,4% su base tendenziale)”.

Pesa dunque, come era anche immaginabile, il rallentamento dei consumi nel comparto auto, e quanto secondo un’indagine condotta su un campione di circa 600 imprese metalmeccaniche associate, ci sarà un nuovo miglioramento partire dai primi mesi del 2022 con questi numeri, che devono intendersi previsionali:
• il 49% delle imprese intervistate dichiara un portafoglio ordini in miglioramento;
• il 40% prevede incrementi di produzione;
• il 31% ritiene di dover aumentare i livelli occupazionali nei prossimi sei mesi, mentre un più contenuto
6% prevede un loro ridimensionamento.

Le attese delle imprese sono comunque fortemente condizionate da molteplici fattori, come le conseguenze economiche del conflitto Russia-Ucraina e l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime.

Se è positiva la previsione circa un incremento dei livelli occupazionali, altrettanto rassicuranti sono i dati sul ricorso alla cassa integrazione, con una riduzione del 55,1% tra il 2021 rispetto al 2020.

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