Ieri Confindustria ha reso noti i dati previsionali della produzione industriale. E’ “recessione tecnica”, annunciano dal Centro Studi di Viale dell’Astronomia.
A compromettere la situazione oltre al rialzo del prezzo dei beni energetici anche l’inflazione, che potrebbe spingere le dinamiche salariali al rialzo. Con i sindacati che già sono sul piede di guerra perchè chiedono di poter introdurre correttivi per difendere il potere di acquisto dei lavoratori messi a dura prova dall’aumento dei prezzi al consumo, come il +6,7% di aumento su base annua registrato dall’ISTAT appena 3 giorni fa.
E allora ci sarà una revisione delle buste paga all’insù? Secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore in edicola oggi, Confindustria è preoccupata di questa eventuale dinamica che intende quindi scongiurare per evitare che il costo del lavoro lieviti ulteriormente:
“Certo, un’inflazione così alta preoccupa, come ha sottolineato venerdì il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Tuttavia, oltre gli scostamenti che saranno indicati dall’Istat, la tempistica degli effettivi recuperi, ha proseguito CsC, dipenderanno da una serie di fattori, eterogenei a livello settoriale, legati sia agli incrementi retributivi già previsti dai vari Ccnl in vigore, in alcuni casi in eccesso rispetto all’inflazione attesa, sia alle ricadute economiche del conflitto Russia-Ucraina, severe per alcuni settori. Il corto circuito che si vuole evitare è che i rincari finiscano per tradursi nell’ennesima crescita del costo del lavoro (già a livelli record in Italia). Di qui la richiesta delle imprese al governo di ridurre subito il cuneo e spingere la produttività. Leve fondamentali per far crescere i salari e sostenere le imprese”.
Dunque il costo del lavoro sarebbe già eccessivamente alto anche a causa degli oneri. Le uniche leve sulle quali poter agire sarebbero quindi, la riduzione del cuneo fiscale, la componente fiscale e contributiva sugli stipendi, e le politiche di vantaggio che incentivino ad aumentare il salario di produttività dei lavoratori.
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