Pensioni, l’inflazione complica tutto: assegni più alti ma uscite anticipate più lontane

Riparte dopo Pasqua il confronto tra Governo e Parti sociali. Lo ha annunciato ieri il Premier Mario Draghi parlando, a Palazzo Chigi, ai sindacati. Una promessa, quella di Draghi, che risale all’autunno scorso, di mettere finalmente mano alla legge Fornero, in modo da riformarla e consentire un uscita da lavoro anticipata per tutti. O quasi.

Ma la situazione internazionale, col rialzo dei prezzi dei beni energetici, dell’inflazione complica tutto. Perché? Semplice, con l’aumento dei prezzi al consumo sale anche il tasso di inflazione, e quindi anche la rivalutazione delle pensioni che a fine 2022 sarà più sostanziosa.

A parlarne è il quotidiano Il Sole 24 Ore in edicola oggi:

“Il confronto dovrà tenere conto anche dell’andamento della spesa pensionistica che, secondo le proiezioni contenute nel Def, è destinata ad accelerare l’andatura già dal 2025 anche sotto la spinta dell’inflazione che renderà automaticamente più pesante la rivalutazione dei trattamenti. Già ala fine del 2022, dopo un paio di anni di rallentamento, la spesa si avvicinerà a quota 157% del Pil, un «dato comunque superiore di oltre mezzo punto percentuale rispetto al 2018», si legge nel Def. Le causa sono da ricercare in parte nella contrazione del Pil dovuta al propagarsi della pandemia ma soprattutto nella coda dei pensionamenti anticipati con Quota 100, che restano tra l’altro possibili anche dopo il 31 dicembre 2021 per chi ha maturato i requisiti nei tre anni di sperimentazione della misura”.

La spesa pensionistica, dunque, è destinata a salire, con assegni che saranno rivalutati anche in base all’inflazione (gli effetti si vedranno già dal 2023). Cosicché anche lo spazio di manovra del Governo sulle pensioni, secondo il quotidiano economico, è destinato ad essere fortemente compresso. La riforma complessiva della Legge Fornero non sembra essere vicina.

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