Non sono poche le aziende italiane che hanno aperto le proprie saracinesche per accogliere i profughi ucraini, offrendo loro un lavoro. Solo tra Padova e Treviso, per esempio, se ne contano 67, per un totale di 240 posti di lavoro messi a disposizione. Nonostante questo, sono ancora tanti i posti rimasti vacanti. Il motivo sarebbe da ricondurre all’incertezza sulla permanenza dei profughi in Italia. È quanto segnala Avvenire, che nell’edizione del 22 aprile riporta le parole del segretario della CISL del Veneto, Gianfranco Refosco:
“Oggi il permesso di soggiorno straordinario della durata di 12 mesi rende possibile e consente senza problemi l’assunzione di una persona ucraina profuga arrivata in Italia in fuga dalla guerra. Tanti di loro però vivono la situazione come provvisoria e si percepisce chiaro il senso di attesa e di speranza per un rientro che confidano possa avvenire prima possibile.”
La risposta che arriva dalle aziende italiane è, dunque, positiva e di assoluta disponibilità. Tuttavia, la sensazione di incertezza e il desiderio di poter tornare in patria, anche per aiutare chi è rimasto a combattere, non favoriscono l’inserimento lavorativo dei profughi ucraini, ostacolato anche dal problema della lingua.
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