Il ‘no’ ad una legge che fissi il salario minimo uguale per tutti arriva anche dagli Artigiani. “La determinazione del salario deve continuare ad essere affrontata dalla contrattazione collettiva, per non compromettere il delicato equilibrio fra retribuzione, tutele contrattuali e competitività delle imprese che in Italia è garantito da oltre 70 anni da una contrattazione di qualità, estremamente diffusa, con un livello di copertura che non ha nessun altro Paese europeo”.
A scriverlo è la Confartigianato in una nota stampa, nella quale si fa presente che la contrattazione collettiva in Italia, solo guardando ai CCNL sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil, già oggi copre “il 97% dei lavoratori”.
“L’introduzione di un salario minimo legale – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – è improponibile poiché, nel caso in cui fosse inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi ne provocherebbe la disapplicazione e, nel caso in cui fosse più alto, si creerebbe uno squilibrio nella rinegoziazione degli aumenti salariali con incrementi del costo del lavoro non giustificati dall’andamento dell’azienda o del settore”.
“La contrattazione collettiva – spiega il Presidente di Confartigianato – garantisce già condizioni e strumenti per sostenere i redditi e individuare modalità per migliorare la produttività. La fissazione ex lege del salario sminuirebbe il ruolo svolto dalla negoziazione tra le parti sociali per l’individuazione di trattamenti economici congrui e coerenti, rischiando di colpire anche le tutele collettive e i sistemi di welfare integrativi. Un patrimonio che in questa fase difficile sta offrendo un utile supporto ai lavoratori ed alle imprese, soprattutto in quei territori dove il welfare pubblico è carente se non assente del tutto”.
“Nell’artigianato e nelle piccole imprese – aggiunge Granelli – la contrattazione collettiva definita dalle Organizzazioni più rappresentative, come la Confartigianato, oltre a determinare salari rispettosi dell’art. 36 della Costituzione, è anche lo strumento che ha consentito di individuare soluzioni su misura per le esigenze organizzative e di flessibilità di imprese appartenenti a settori e con mercati spesso estremamente diversi fra di loro , assicurando, nel contempo, importanti tutele collettive ai lavoratori, anche attraverso il proprio consolidato sistema di bilateralità”.
“L’introduzione del salario minimo in Italia, diversamente a quello che si vorrebbe far credere, ridurre infatti proprio le tutele contrattuali dei lavoratori e, per quanto concerne i working poor, avrebbe l’effetto di marginalizzare anche i lavoratori a basso salario relegandoli, nella migliore delle ipotesi, a percepire solo il minimo senza ulteriori tutele, e nella peggiore a trasformarli in disoccupati o in lavoratori in nero”. Insomma, concludono gli Artigiani, la sola soluzione per risolvere il problema del lavoro povero è far in modo che salga il PIL di un Paese. La legge sul salario minimo, al contrario, stimolerebbe le aziende a non applicare i ccnl ma solo il salario di legge, con l’effetto che si creerebbe una nuova categoria di lavoratori poveri, perchè retribuiti dal solo salario di legge senza le altre tutele dei contratti collettivi.
Di recente Tuttolavoro24.it è stato selezionato dal nuovo servizio di Google, se vuoi essere sempre aggiornato sulle ultime notizie seguici su Google News.
Resta connesso con noi. Unisciti alla nostra pagina Telegram cliccando qui. E’ gratis!
Non hai l’APP di Telegram? Scaricala gratuitamente cliccando qui.
Segui la nostra pagina Facebook facendo clic qui.
RIPRODUZIONE RISERVATA – La riproduzione, su qualsiasi supporto e in qualsiasi forma, dei contenuti del presente articolo in violazione delle norme sul diritto di autore sarà segnalata all’Agcom per la sua immediata rimozione [Delibera n. 680/13/CONS 12/12/2013].