Mentre c’è un’Italia che invoca l’arrivo di una legge sul salario minimo, c’è un’altra Italia che ricorda come in realtà, la stragrande maggioranza dei lavoratori del nostro Paese, un salario minimo di riferimento già ce l’hanno ma non è unico, per tutti i settori, bensì differenziato a seconda dei comparti produttivi.
“In Italia – scrive l’edizione odierna di ItaliaOggi – praticamente tutti i lavoratori (98%) e tutte le aziende (99%) sono coperte dalla contrattazione collettiva. E visto che ogni contratto ha dei livelli retributivi, si potrebbe dire che in Italia è già in vigore il salario minimo, anche se non mancano le zone grigie”.
Quindi, considerata l’ampia diffusione dei contratti collettivi in Italia, che regolano il salario minimo praticamente per tutti i settori di lavoro, l’attuazione della Direttiva Europea in Italia avverrà percorrendo la strada delle non imposizione per legge di un salario minimo. Non è questo, infatti, ciò che prevede la Direttiva.
Il testo dell’accordo su cui è stato trovato un accordo politico “indica due livelli percentuali : con una copertura dei CCNL sotto al 70% c’è un urgente bisogno di intervenire mentre se la copertura supera l’80% questa esigenza non c’è. In Italia, come detto, da questo punto di vista saremmo coperti e, quindi, la direttiva non implicherebbe nessun obbligo”.
Forse il problema è un altro, spiega il quotidiano. Ci sono i contratti scaduti e non rinnovati, si parla di 588 e di quelli che fissano salari troppo bassi: “sono almeno due milioni (i lavoratori, ndr) sotto la soglia dei 9 euro orari lordi”.
Secondo il quotidiano economico sono “almeno due milioni i soggetti sotto la soglia dei 9 euro orari lordi. Questo perchè esistono CCNL il cui valore minimo è minore di quello previsto dalla proposta di legge”.
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