Inflazione al 7,3%: rivalutazione Pensioni a rischio taglio, ecco cosa può accadere

Il rischio che venga arrestato o rivisto il meccanismo di adeguamento alle pensioni c’è sempre. E sale soprattutto se sullo sfondo c’è un’inflazione ai livelli degli anni ’90.

Secondo le stime il tasso di crescita dei prezzi nel 2022 arriverà ad un 7,3%. Questo porterà ad un adeguamento delle pensioni, indicizzate all’inflazione, che costerà allo Stato, tra il 2023 e il 2025, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) qualcosa come 45,4 miliardi di euro.

Ma il Governo Draghi manterrà l’impegno di tutelare il potere d’acquisto dei pensionati nella prossima Legge di Bilancio 2023 o rivedrà i conti, e taglierà gli aumenti come già accaduto in passato da altri Governi?

Solo per il prossimo anno il rialzo dei costi sarà di 32 miliardi, e secondo quanto scrive il quotidiano Libero nell’edizione odierna “con l’inflazione che inizia a pesare sulle casse dello Stato, il timore è che il governo possa decidere di usare le pensioni come un bancomat. Ovviamente in modo surrettizio: modificando la rivalutazione degli assegni resa più generosa dal sistema a scaglioni che, da quest’anno, sostituisce quello per fasce”.

Dunque il rischio che si possa giungere ad una modifica del sistema, in modo da tagliare i costi sulle casse statali, c’è. Anche se, aggiunge il quotidiano, le elezioni politiche alle porte potrebbero portare a soluzioni meno “rischiose” per i partiti.

Certo è che non sarebbe la prima volta, come ricorda Libero, “il primo a intervenire è Monti che, con il decreto Salva Italia del 2011, blocca per due anni la rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo, pari a circa 1500 euro lordi. Poi, nel 2018, il governo Lega-M5S porta le fasce da cinque a sette, riducendo l’importo. Il sistema dura poco più di un anno perché, con il cambio della maggioranza, cambiano anche le fasce che, nel 2020, diventano sei. Nel 2022 si è tornati, infine, al sistema a scaglioni varato da Prodi. «Quello che serve è una legge duratura e stabile» sottolinea l’avvocato Celeste Collovati, esperta di previdenza. «Se c’è un problema di debito pubblico, il rischio è che si vadano a colpire le pensioni. Lo stato dovrebbe essere più attento ad adeguare gli assegni, creando un sistema più semplice che non sia in contrasto con la Costituzione»”.

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