Part-time fasullo è reato di sfruttamento: ecco la sentenza di Cassazione che cambia tutto

Lavorare per più ore di quelle scritte sul contratto è sfruttamento. Per ora era solo un termine abusato e pourparler, adesso è ufficiale anche per la legge: è quanto disposto dal Tribunale di Catanzaro prima e dalla Corte di Cassazione poi con la sentenza 24388/22 del 24 giugno scorso.

Tale decisione innovativa nasce in seguito alla condanna di alcuni datori che facevano figurare i propri lavoratori come part-time nonostante questi lavorassero 48 ore a settimana, senza ferie, giorni di assenza o di permesso. Un part-time fasullo, rispettato però per lo stipendio: la retribuzione, infatti, corrispondeva a quella prevista dal Ccnl per i part-time.

Non contenti della decisione del Tribunale di Catanzaro, gli indagati avevano fatto ricorso in Cassazione sperando in un esito diverso. Ma niente da fare: anche secondo la Corte, l’azienda aveva utilizzato manodopera in condizioni di sfruttamento approfittando dello stato di bisogno. In pratica, i lavoratori erano stati di fatto costretti ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un’occupazione, non esistendo possibili reali alternative di lavoro.

Ma non solo: confermato il reato di sfruttamento e il sequestro di somme corrispondenti alle retribuzioni non corrisposte ai lavoratori, che i giudici considerano un ingiusto profitto acquisito illegittimamente dagli indagati.

Una sentenza storica e che può fare da apripista per tutti quei lavoratori sfruttati (ora si può dire senza rischiare di esagerare) che intendano percorrere la medesima strada legale per la tutela dei propri diritti.

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