Lavorare a nero durante la fruizione del Reddito di Cittadinanza può portare all’arresto e a una condanna alla reclusione. Lo ha previsto una sentenza di Cassazione emessa il 4 luglio 2022, che ha fissato con chiarezza qual è la condotta che deve tenere il percettore del sussidio e il datore di lavoro che lo assume, al fine di una corretta gestione di queste situazioni.
Vediamo insieme cosa ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione e cosa rischia chi non denuncia l’avvio di una attività lavorativa all’Inps.
Si sa che durante il godimento del Reddito di Cittadinanza i percettori sono tenuti a comunicare a Inps l’avvio di un nuovo rapporto di lavoro. A tal proposito Inps mette a disposizione dei beneficiari il Modulo Rdc-Com Esteso.
La comunicazione va fatta in qualsiasi momento intervengano novità tali da incidere sul diritto al godimento del RdC.
La comunicazione va fatta in caso di avvio di attività di tipo subordinato, autonomo, impresa individuale o partecipazione. Il Modulo va inviato entro 30 giorni dall’evento pena la decadenza del beneficio. I 30 giorni si conteggiano dall’avvio del rapporto di lavoro o, esempio, apertura partita Iva, ecc.
Lavorare a nero durante la fruizione del RdC o di altri sussidi è purtroppo un prassi abbastanza diffusa. Anche se sono sempre di più le persone che ora sono sempre più attente nel non cadere in questo errore che può risultare fatale. Le ispezioni in azienda durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, in tali contesti “fuori legge”, possono risultare rischiose per far emergere comportamenti non corretti, perseguibili sul piano amministrativo e penale.
La sentenza n. 25306 del 4 luglio 2022 emessa dalla Corte di Cassazione (per scaricarla clicca qui), affronta proprio una situazione simile.
In questo caso il percettore era stato condannato in Appello a oltre un anno di reclusione per omessa comunicazione all’Inps dello svolgimento di attività lavorativa retribuita, anche se irregolare. Insomma se si lavora a nero si è tenuti ugualmente a compilare e inviare il Modulo RdC Com Esteso.
La Cassazione però ha respinto il ricorso e ha avuto la pena confermata. Non sono state neppure considerate le scusanti avanzate dall’imputato che sosteneva di prestare lavoro gratuito compensato con donazioni saltuarie da parte del datore di lavoro.
Lo svolgimento di un’attività lavorativa in nero mentre si percepisce il “reddito” è oggetto di sanzione in base all’articolo 7, comma 2, del decreto legge n. 4 del 2019. La normativa infatti prevede:
“L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni.“
Insomma chi – percependo il RdC – guadagna un reddito da lavoro, anche se il lavoro è in nero, senza comunicarlo all’Inps deve essere punito con la galera.
E’ importante da sapere che il divieto di lavorare in nero e l’obbligo di comunicare l’eventuale avvio di questa attività vale per tutti i componenti del nucleo familiare percettore del Reddito di Cittadinanza.
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