Sfruttamento a lavoro? Si può denunciare solo a una condizione: dietrofront della Cassazione

Cos’è lo sfruttamento in un luogo di lavoro? Quando si può parlare di datore di lavoro che sfrutta il lavoratore? Ci sono casi specifici di sfruttamento? Vediamo come si è pronunciata la Corte di Cassazione in una recente sentenza.

A inizio luglio, Suprema Corte si era pronunciata riguardo lo sfruttamento di alcuni lavoratori obbligati a lavorare per più ore di quelle concordate da contratto. L’azienda accusata, ha sentenziato la Corte, aveva approfittato dello stato di bisogno di questi operai, costretti ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un’occupazione, non esistendo possibili reali alternative di lavoro. Per leggere la notizia integrale clicca qui.

Una decisione che, aveva annunciato TuttoLavoro24.it, avrebbe potuto fare da apripista per quelle a venire. E così è stato. Ma con la successiva sentenza 28289/2022 del 19 luglio, la Corte di Cassazione ha fatto una sorta di marcia indietro, mitigando lo spettro di ciò che vuol dire “sfruttare un lavoratore in stato di bisogno”.

Ne dà notizia Il Sole 24 Ore nell’edizione di venerdì 22 luglio, che in parole semplici spiega la decisione dei giudici:

“L’assunzione di una persona di cui si conosce lo stato di bisogno non è di per sé sintomatica di sfruttamento, laddove siano rispettate le prerogative retributive e orarie del lavoratore e sia garantita la sua sicurezza sul lavoro; in ogni caso, ai fini della configurabilità del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (previsto dall’articolo 603 del Codice penale) è necessaria la prova concreta della sussistenza di tale situazione di bisogno, non essendo questo desumibile mediante presunzioni.”

Sfruttare un lavoratore in condizione di bisogno significa dunque approfittarsi della situazione di grave inferiorità del lavoratore per un tornaconto personale. Pertanto, lo sfruttamento del lavoratore sussiste solo quando questo si realizza mediante l’abuso dello stato di bisogno in cui versa il lavoratore, che deve essere in grado di dimostrare la sussistenza di tale circostanza che lo ha indotto ad accettare condizioni cui altrimenti non avrebbe acconsentito.

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